L’avvocato che preferì la radiazione al silenzio (di Riccardo Radi)

Ci fu un avvocato, sconosciuto ai più, che al comodo e codificato silenzio decise di opporre la necessità della verità per salvare un uomo dall’ergastolo.

La sua storia fu raccontata da Alfredo De Marsico che sosteneva la parte civile innanzi alla Corte di Assise di Catania in un processo indiziario per omicidio.

La prova si basava su un testimone che assumeva di aver visto l’omicida sparare.

In realtà il testimone era stato “vivamente pressato dalla polizia a rendere quella dichiarazione” e si era rivolto ad un giovane avvocato per chiedere se fosse possibile ritrattarla.

L’avvocato aveva risposto: “ascolta la tua coscienza, anche se ciò possa costarti l’incriminazione”.

Proseguiamo il racconto con le parole di Alfredo De Marsico:

La ritrattazione non ci fu, poiché la paura dell’arresto, del processo, della privazione della libertà, dei danni che avrebbe subito, della miseria per la famiglia per anni e forse per sempre, trattennero il testimone sulla linea del falso.

A questo punto giunse al Presidente della Corte di Assise una lettera dell’avvocato … che chiedeva di deporre.

Riferì la conversazione avvenuta fra lui e quel testimone con la palese commozione dell’avvocato che sapeva di infrangere il dovere del silenzio ma con la quasi terrificante fermezza dell’uomo che si gettava per una esigenza suprema di giustizia fra la legge e la coscienza dei giudici.

Egli era figura così adamantina che dopo la sua dichiarazione, da cui restava rovesciata in ogni particolare la struttura dell’accusa, io sentii il bisogno di imporre alla famiglia che mi aveva invitato la revoca della costituzione di parte civile e mi levai per dichiarare che anche il mio convincimento vacillava e con esso la forza di mantenere la mia richiesta di condanna.

L’imputato fu assolto, l’avvocato … fu radiato dall’Albo in quanto si ritenne che egli avesse violato il segreto professionale e che il suo peccato fosse inescusabile.

Nel suo interrogatorio al Consiglio dell’Ordine egli dichiarò di avere ben ponderato il suo passo ed esaminando le probabilità aveva ben messo nella bilancia anche la fame dei suoi sette figli, ma non aveva saputo resistere al richiamo della verità.

Egli dovette aspettare, fra le privazioni, alcuni anni prima che il Consiglio dell’Ordine lo riabilitasse e lo invitasse a rientrare nelle nostre file, esempio eroico di fedeltà all’imperativo assoluto della verità, che condiziona insieme la giustizia, e che, in casi estremi come quello in cui l’errore minacci un proprio simile, una creatura di Dio come noi, di essere sepolto nella tomba dei vivi, precede il dovere codificato del silenzio”.

Con queste ricordò Alfredo De Marsico ha ricordato la figura dell’avvocato Giovanni Motta che antepose la sua coscienza morale alla responsabilità professionale pur di salvare dall’ergastolo un innocente.

Alfredo De Marsico “L’avvocatura”, Pescara, Circolo giuridico, 16 maggio 1971.

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