La Cassazione sezione 3 con la sentenza numero 13076/2024 ha esaminato la seguente questione in merito alla revoca di un teste inizialmente ammesso sul rilievo che la difesa non avesse comunicato la necessità della presenza di un interprete.
Fatto
Dagli atti risulta che la prova testimoniale della difesa fu ammessa dal Tribunale di Milano all’udienza del 4 ottobre 2021.
Il Tribunale all’udienza del 21 febbraio 2022 ha dichiarato decaduta la parte dall’espletamento della prova per testimoni perché il teste, presente in udienza, avrebbe dovuto essere escusso con l’ausilio di un interprete – essendo cinese e non parlando la lingua italiana – circostanza non indicata dalla difesa in precedenza
Decisione
Il giudice di appello ha l’obbligo di disporre la rinnovazione del dibattimento nel caso in cui la richiesta di parte è riconducibile alla violazione del diritto alla prova, che non sia stato esercitato per forza maggiore o per la sopravvenienza della stessa dopo il giudizio, o perché la ammissione della prova, ritualmente richiesta nel giudizio di primo grado, sia stata irragionevolmente negata da quel giudice.
La Suprema Corte ha censurato la decisione del giudice di appello che aveva irragionevolmente rigettato la richiesta di rinnovazione istruttoria, valutando la rilevanza della prova testimoniale formante oggetto della richiesta, che, nel giudizio di primo grado, era stata dapprima ammessa e poi revocata sul rilievo che la difesa aveva l’onere di dare preventiva comunicazione della mancata conoscenza, da parte del teste regolarmente citato e presente in aula, della lingua italiana e della necessità di escuterlo con l’ausilio di un interprete.
In punto di diritto, va ribadito il principio per cui il giudice di appello ha l’obbligo di disporre la rinnovazione del dibattimento quando la richiesta di parte sia riconducibile alla violazione del diritto alla prova, che non sia stato esercitato o per forza maggiore o per la sopravvenienza della prova dopo il giudizio, o perché la ammissione della prova, ritualmente richiesta nel giudizio di primo grado, sia stata irragionevolmente negata da quel giudice; così Sez. 6, n. 7197 del 10/12/2003, dep. 2004, Rv. 228462 – 01.
Nel caso esaminato, la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza di appello di rigetto della richiesta di rinnovazione del dibattimento, in quanto doveva essere applicato il comma secondo dell’art. 603 cod. proc. pen – con conseguente obbligo di rinnovazione del dibattimento – avendo il giudice di primo grado, su istanza della parte civile, dichiarato la decadenza dal potere di richiedere l’ammissione dei testi ritualmente indicati dall’imputato nelle liste ex art. 468 cod. proc. pen., solo adducendo l’omessa citazione degli stessi all’udienza, con ciò negando irragionevolmente il diritto alla prova, in quanto la valutazione circa l’ammissione dei testimoni prescinde dalla loro effettiva presenza all’inizio dell’udienza, presenza che è unicamente funzionale a garantire un più ordinato svolgimento del processo, e che diviene necessaria dopo che sia stata disposta dal giudice l’assunzione della testimonianza stessa.
Nello stesso senso Sez. 5, n. 12099 del 02/02/2023, non massimata.
Va rilevato che l’art. 143-bis, comma 1, cod. proc. pen. prevede che «L’autorità procedente nomina un interprete … quando la persona che vuole o deve fare una dichiarazione non conosce la lingua italiana».
Come affermato da Sez. 3, n. 23941 del 22/04/2021, Rv. 281347, in motivazione, il riferimento alla persona che «deve» fare una dichiarazione si attaglia alla persona del testimone che, ai sensi dell’art. 198, comma primo, cod. proc. pen. ha, tra gli altri, l’obbligo «di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte».
L’art. 143-bis, comma 1, cod. proc. pen., affida all’autorità giudiziaria procedente la nomina dell’interprete; pone come condizione per la sua applicabilità, esclusivamente, la condizione che il teste non conosca la lingua italiana; non pone a carico della difesa alcun onere di comunicazione preventiva rispetto ad un teste regolarmente citato e presente in udienza né ipotesi di decadenza.
Ne consegue che – poiché la richiesta di rinnovazione dell’istruzione era riconducibile alla violazione del diritto alla prova – la Corte di appello avrebbe dovuto ammettere la prova ex art. 603, comma 2, cod. proc. pen. e non avrebbe dovuto valutarne la rilevanza.
