Avvocati, proviamo a far sentire la nostra voce! (di Riccardo Radi)

È partita in questi giorni a Roma l’iniziativa di un gruppo di avvocati che intendono contrastare la decisione di spostare l’aula di udienza del tribunale di sorveglianza da Piazzale Clodio a via Triboniano.

Sono già pervenute centinaia di adesioni che, insieme alle altre che arriveranno, confluiranno in un documento unitario (allegato alla fine del post) da consegnare al Ministro della Giustizia, alle autorità giudiziarie interessate e agli organismi forensi al fine di opporsi a quella decisione che appare sbagliata, comunque la si voglia considerare.

Lo spostamento dell’aula di udienza e il conseguente allontanamento del procedimento di sorveglianza dal luogo della giurisdizione, come avvenuto con le udienze relative ai reclami ex art. 41 bis O.P. nel disinteresse generale, nascondono, dietro il paravento di supposte esigenze pratiche, una concezione autoritaria, amministrativa e burocratica del procedimento di sorveglianza e in generale della sorte del condannato.

L’individuazione di un luogo di celebrazione delle udienze distante dalla città giudiziaria e, all’evidenza, logisticamente inadatto a garantire la partecipazione dei difensori (basti considerare il numero delle procedure usualmente sul ruolo e delle parti coinvolte e l’endemica carenza di parcheggi e collegamenti con il luogo prescelto), dimostra il totale disinteresse per l’effettivo esercizio del diritto di difesa e per la stessa funzione difensiva: non è più accettabile che l’avvocato sia trattato come una presenza accidentale o come un inutile intralcio all’inesorabile corso della giustizia.

La raccolta di firme ha suscitato “l’irritazione” della Camera penale e il sostanziale disinteresse dell’associazionismo forense, tanto da far pensare che la dialettica e l’ascolto di punti di vista diversi non siano più un valore aggiunto per l’avvocatura.

Come dice il collega Antonio Barbieri, promotore dell’iniziativa, bisogna superare “sterili polemiche e questo gruppo vuole essere un catalizzatore dell’unità dei penalisti.

La camera penale di Roma non si senta attaccata ma prenda spunto per assumere iniziative di protesta, che – se intraprese – riceveranno il sostegno di tutti.

Vanno bene i convegni e le interlocuzioni, ma evidentemente non bastano.

Si pensi, ad esempio, alla sospensione del servizio del difensore d’ufficio d’aula per mandare in tilt tutto il sistema.

Esistono forme di protesta efficaci.

Discutiamone.

Non è più accettabile rimanere inerti!

Sono tanti i temi da affrontare e non solo quelli organizzativi e, come suggerisce la collega Angela Porcelli, la discussione va aperta, ovviamente con argomenti tecnici, anche sul contenuto dei provvedimenti.

Sempre l’avvocato Antonio Barbieri sottolinea che: “Come è noto a noi tutti, per la fase di esecuzione la competenza giurisdizionale è funzionalmente ripartita tra giudice dell’esecuzione (questioni sul titolo esecutivo, continuazione, ecc.) e magistratura di sorveglianza (benefici op, misure di sicurezza, ecc.).

Per le materie attribuite alla competenza funzionale della magistratura di sorveglianza, per prassi viene omessa la notifica dei provvedimenti dell’ufficio di sorveglianza (ad eccezione ovviamente di quelli aventi ad oggetto le misure di sicurezza) al difensore nominato.

Mi riferisco ai provvedimenti di decisione delle istanze di liberazione anticipata, di permessi premio e esecuzione della pena presso il domicilio.

Provvedimenti reclamabili.

L’omessa notifica al difensore si traduce in una evidente violazione del diritto di difesa, perché la impugnazione tempestiva e dal contenuto ammissibile è sostanzialmente rimessa alla buona sorte e cioè a un minimo di praticità del condannato.

Secondo me tutti i provvedimenti emessi dal giudice in fase esecutiva devono essere notificati anche al difensore.

La notifica non può dipendere dalla competenza funzionale.

Perché i provvedimenti del giudice dell’esecuzione e del tribunale di sorveglianza devono essere notificati e viceversa non devono essere notificati i provvedimenti dell’ufficio di sorveglianza?”

Sul tema abbiamo scritto segnalando anche la questione relativa alla omessa notifica del provvedimento alla persona in detenzione domiciliare che chiede al Magistrato di sorveglianza l’autorizzazione a recarsi in udienza per partecipare al suo processo che lo vede imputato.

La Cassazione ha stabilito che il provvedimento di autorizzazione all’allontanamento dalla detenzione domiciliare per comparire dinanzi all’autorità giudiziaria ex art. 22 disp. att. cod. proc. pen., reso dal magistrato di sorveglianza su istanza di parte, non è soggetto a specifiche regole procedurali né ad obbligo di comunicazione: https://terzultimafermata.blog/2022/11/17/imputato-in-detenzione-domiciliare-non-ha-diritto-alla-comunicazione-dellautorizzazione-emessa-per-recarsi-in-udienza-di-riccardo-radi/?fbclid=IwAR0DL2o9fDfP6vAgDLDvskN2rrTI4Lh62Uo2rdmFYVUmOVBng3oBqBSc7pU_aem_AaGH7g9ZcWNO_a3uckq2I0ir182B8FHIn-0lEp2j1EXlt_6ODMJl0FQsgKX9H1zu1rmv3qKERyqfQbdoCvmGG7nc

Per una avvocatura protagonista o almeno non più accondiscendente firmiamo la petizione che potrebbe essere l’inizio di un nuovo percorso per una avvocatura coesa e rispettata.

Ognuno di voi può stampare la petizione e autonomamente farsi promotore di raccogliere firme dai colleghi con l’accortezza di scrivere a stampatello nome e cognome e numero della tessera di iscrizione all’albo accanto alla firma.

Abbiamo ancora pochi giorni per farci sentire poi sarà tardi e rimarremo in silenzio.

Mi permetto una considerazione finale: la magistratura quando difende sue prerogative è coesa mentre noi avvocati riusciamo ad essere sempre frammentati e divisi.

Sarà per questo che ogni decisione che ci riguarda ci cala dall’alto?