L’avvocato invia l’atto di impugnazione via pec e lo Stato invia una cartella esattoriale.
L’ultimo paradosso dal mondo giustizia viene dalla circolare (allegata alla fine del post) datata 4 aprile diramata dal Dipartimento per gli affari di giustizia, direzione generale degli affari interni che ha risposto al seguente quesito: “se, in caso di omessa integrazione, da parte del legale di imputato ammesso a patrocinio a spese dello Stato, delle copie dell’impugnazione trasmessa via pec, possa essere esperita la procedura contemplata dall’art. 272 d.P.R. n.115/2002”.
Il quesito arriva dal Tribunale di Campobasso che ha segnalato, nella sua nota, “…il sistematico rifiuto da parte degli avvocati degli imputati ammessi a patrocinio a spese dello Stato a pagare gli importi dovuti per le copie effettuate dalla cancelleria”, e chiesto quindi contezza dell’applicabilità, al caso di specie, dell’art. 272 d.P.R. n. 115/2002”.
La Direzione generale nella nota (allegata con link) suggerisce l’adozione delle seguenti modalità operative:
1) richiesta (tramite pec o posta elettronica ordinaria) al difensore impugnante di integrazione delle copie mancanti, mediante deposito in cancelleria, entro il termine ritenuto congruo dall’Ufficio, considerando tutte le circostanze del caso;
2) in caso di omesso deposito delle copie richieste, quantificazione dell’importo da riscuotere in base all’art. 272 d.P.R. n. 115/2002 e verifica che lo stesso non sia inferiore a quello minimo stabilito dalla legge;
3) in caso di esito positivo, trasmissione degli atti ad Equitalia Giustizia S.p.A. per l’avvio della riscossione mediante ruolo, in solido nei confronti dell’impugnante e del difensore.
Nei termini esposti va quindi data risposta al quesito in oggetto; i Sig.ri Presidenti delle Corti d’appello indirizzo sono pregati di diramare la presente nota presso gli uffici dei rispettivi distretti”.
