Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 9860/2024, udienza del 16 febbraio 2024, chiarisce che è manifestamente infondato il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduce la violazione dell’art. 192 e dell’art. 533 cod. proc. pen., per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili.
Ciò perché i limiti all’ammissibilità delle censure connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, ai sensi del predetto art. 606, comma 1, lett. c), giacché l’inosservanza dell’art. 192 e dell’art. 533 cod. proc. pen. non è in tal modo sanzionata (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027).
Né vale in senso contrario la qualificazione del vizio dedotto operata dal ricorrente come error in iudicando in iure ai sensi della lett. b) dell’art. 606 cod. proc. pen., posto che tale disposizione, per consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, riguarda solo l’errata applicazione della legge sostanziale; ne risulterebbe, altrimenti, l’aggiramento del limite (posto dalla citata lett. c) dello stesso articolo) della possibilità di denunciare la violazione di norme processuali solo quando determina una invalidità.
Si tratta, in effetti, di regole di giudizio dalla violazione delle quali non discende alcuna nullità, ma, semmai, un vizio della motivazione che, però, deve essere dedotto negli specifici limiti dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
