
L’avvocato ha due impegni concomitanti e l’assistito vuole la sua presenza e non quella del sostituto, per la cassazione le scelte professionali del difensore, tra cui rientra anche la nomina un sostituto di udienza, sono espressione della sua discrezionalità tecnica e non possono, quindi, essere sindacate dal soggetto difeso il quale può esclusivamente, ove sussista un’insanabile divergenza in ordine alle modalità di espletamento del mandato professionale, revocare il mandato e sostituire il mandatario con altro difensore.
La Cassazione sezione 2 con la sentenza numero 12998/2024 ha ricordato che rappresentare la volontà contraria dell’assistito alla nomina di un sostituto non ha alcuna rilevanza ed eventualmente l’assistito potrà cambiare l’avvocato.
La difesa impugna l’ordinanza emessa all’udienza del 05/06/2023 con cui la Corte territoriale ha respinto l’istanza di rinvio formulata dal legale degli imputati per concomitante impegno professionale dello stesso, sostenendone l’erroneità in diritto e sotto il profilo motivazionale per non essersi la Corte territoriale confrontata con le ragioni alla base dell’istanza.
Il concomitante impegno professionale posto a sostegno dell’istanza difensiva concerne la partecipazione ad un interrogatorio di garanzia, ex art. 415- bis cod. proc. pen. presso la sede di Sanremo, impegno sorto in data successiva rispetto al decreto di fissazione dell’udienza di discussione nel presente procedimento.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità l’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell’art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., a condizione che il difensore:
a) prospetti l’impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni;
b) indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo;
c) rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato;
d) rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 cod. proc. pen. sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio (Sez. U, n. 4909 del 18/12/2014, dep. 2015, Torchio, Rv. 262912).
Si è anche precisato che l’obbligo di comunicare prontamente, ex art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., il legittimo impedimento a comparire per concorrente impegno professionale, si intende puntualmente adempiuto dal difensore quando questi, non appena ricevuta la notificazione della fissazione dell’udienza nella quale intenda far valere il legittimo impedimento, verifichi la sussistenza di un precedente impegno professionale davanti a diversa autorità giudiziaria cui deve accordare prevalenza.
Ne consegue che, la tempestività della comunicazione predetta, va determinata con riferimento al momento in cui il difensore ha conoscenza dell’impedimento.
Fermo quanto precede, la medesima giurisprudenza ha riconosciuto la non assolutezza del criterio della precedenza cronologica dell’impegno professionale ai fini della valutazione giudiziale della legittimità dell’impedimento alla base dell’istanza del rinvio, affermando che “la decisione sull’istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore, che adduca un concomitante impegno professionale, richiede un bilanciamento tra l’interesse difensivo e quello pubblico all’immediata trattazione del processo, per cui, ancorché la priorità temporale costituisca un parametro di valutazione, anche un impegno assunto successivamente può essere considerato prevalente rispetto ad altro preesistente” (Sez. 5, n. 49454 del 13/11/2019, Rv. 277744).
Se ne deduce che, sul giudice investito di una istanza di rinvio dell’udienza, grava l’obbligo di valutare se le esigenze addotte dal difensore con riferimento ad un impegno professionale sopraggiunto possano ritenersi, in concreto, di maggiore importanza.
In conformità a tali principi, deve ritenersi legittimo il rigetto dell’istanza da parte della Corte territoriale per mancata integrazione, anzitutto, del requisito sub a), poiché, come si evince dalla lettura dell’ordinanza di rigetto, la richiesta di rinvio dell’udienza di discussione in appello risulta pervenuta in data 01/06/2023, e, pertanto, in data sensibilmente differita rispetto alla conoscenza della concomitanza degli impegni professionali, avvenuta in data 13/05/2023, mediante la notificazione dell’invito per la presentazione della persona sottoposta alle indagini, con la conseguenza che, correttamente, la Corte non ha ritenuto adempiuto l’onere di diligenza richiesto, per difetto della pronta e celere documentazione in ordine alla contemporaneità dei due procedimenti.
Quanto al requisito sub d), il difensore, al di là dell’irrilevante, per le ragioni che si diranno, volontà contraria dei propri assistiti, nulla ha allegato in termini concreti in ordine alla impossibilità da parte sua di reperire un sostituto, né per l’udienza di discussione in appello, né per l’interrogatorio di garanzia fissato per il diverso procedimento in Sanremo.
Né può ritenersi circostanza ostativa alla designazione di un sostituto, come invece sembrerebbe sostenere il difensore nell’istanza di differimento, la mancata autorizzazione da parte degli imputati. Invero, questa Suprema Corte ha ripetutamente escluso che l’impossibilità di nominare un sostituto potesse desumersi dalla deduzione del difensore secondo cui l’assistito intendeva avvalersi della sua opera professionale, e non di quella di sostituti (v., tra le altre, Sez. 5, n. 48912 del 28/09/2016, Rv. 268166; Sez. 6, n. 20130 del 04/03/2015, Rv. 263395), ciò perché le scelte professionali del difensore, tra cui rientra anche la nomina un sostituto di udienza, sono espressione della sua discrezionalità tecnica e non possono, quindi, essere sindacate dal soggetto difeso il quale può esclusivamente, ove sussista un’insanabile divergenza in ordine alle modalità di espletamento del mandato professionale, revocare il mandato e sostituire il mandatario con altro difensore (Sez. 3, n. 31377 del 08/03/2018, Rv. 273808).
Tutto ciò considerato, ritiene la cassazione come, nella fattispecie, il giudice di appello, al di là della valutazione di intempestività dell’istanza, abbia, in ogni caso, correttamente proceduto alla valutazione delle contrapposte esigenze (quella difensiva di differimento e quella pubblica di immediata celebrazione del procedimento nella data fissata), pervenendo a ritenere recessivo, rispetto alla celebrazione del processo a carico degli odierni imputati, l’impedimento addotto dal difensore concernente l’interrogatorio di un indagato, convocato presso la polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero, non soltanto perché quest’ultimo cronologicamente successivo, ma anche in ragione della gravità dei fatti giudicabili nel giudizio in corso avanti a sé nei confronti di due imputati.
Va rilevato infine che, concordemente alle valutazioni della Procura generale, giammai l’eventuale illegittimità del diniego del rinvio avrebbe potuto dar luogo ad una nullità – peraltro neppure denunciata dalla difesa – idonea a travolgere la sentenza: invero, da un lato, emerge per tabulas che gli imputati non sono rimasti privi di assistenza, attesa la presenza di altro difensore per delega orale del difensore di fiducia; inoltre, non risulta dedotta in maniera più specifica quale sia stata la lesione potenzialmente rilevante nell’attività defensionale a tutela degli imputati, prodottasi in conseguenza dell’omesso rinvio, nonostante la presenza di un sostituto investito del ruolo defensionale dal titolare.

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