La Cassazione sezione 6 con la sentenza numero 13050/2024 ha ricordato che ai fini dell’integrazione del concorso di persone nel reato di estorsione è sufficiente la coscienza e volontà di contribuire, con il proprio comportamento, al raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecita; ne consegue che anche l’intermediario, nelle trattative per la determinazione della somma estorta, risponde del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalità di perseguire l’interesse della vittima e sia stato dettato da motivi di solidarietà umana.
il ruolo svolto dall’imputato (qualificato nella sentenza e nel ricorso come “intermediario”), è pacifico nella giurisprudenza di legittimità (ex multis, Sez. 2, n. 6824 del 18/01/2017, Rv. 269117 – 01) e non di mero ausilio si tratta, dunque, ma di secondamento nell’esecuzione dell’iter criminis.
Va, al riguardo, evidenziato come per la giurisprudenza della Suprema Corte per la configurabilità del concorso di persone nel reato di estorsione è necessario e sufficiente che il concorrente abbia posto in essere un comportamento esteriore che risulti comunque idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso ovvero – ed è questo il profilo che qui interessa – l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato (ex plurimis Sez. 6, n. 1986 del 6/12/2016, Rv. 268972).
In tale quadro di riferimento è, dunque, evidente che la condotta posta in essere dal ricorrente, lungi dal risolversi in un comportamento di semplice e disinteressato ausilio per la persona offesa, si è in concreto tradotta in un indispensabile ponte tra la medesima persona offesa e gli estorsori con il deliberato proposito di far sì che la stessa, per poter “continuare a lavorare”, soddisfacesse le illegittime pretese degli estorsori.
In ciò realizzando appieno, attraverso la propria condotta “atipica”, la figura del concorrente nel delitto di estorsione materialmente ascritto ai correi.
Ai fini dell’integrazione del concorso di persone nel reato di estorsione è sufficiente la coscienza e volontà di contribuire, con il proprio comportamento, al raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecita; ne consegue che anche l’intermediario, nelle trattative per la determinazione della somma estorta, risponde del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalità di perseguire l’interesse della vittima e sia stato dettato da motivi di solidarietà umana ((Sez. 5, n. 40677 del 07/06/2012, Rv. 253714; Sez. 2, n. 6824 del 18/1/2017, Rv. 269117).
E poiché nel caso in esame non si ravvisa per le considerazioni sopra riferite alcuno scopo di solidarietà umana nelle trattative per la restituzione di un furgone previo pagamento di una somma di denaro deve proprio escludersi l’ipotesi della non punibilità della condotta reclamata con il ricorso del difensore.
