Intercettazioni e videoriprese all’interno dell’abitazione di persona convivente o ospite: quando sono illecite? (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 5 con la sentenza numero 12713 depositata il 27 marzo 2024 ha ribadito che risponde del reato di interferenze illecite nella vita privata anche chi predispone mezzi di captazione visiva e sonora nella propria dimora, carpendo immagini e conversazioni o notizie attinenti alla vita privata di chi in tale abitazione si trovi, siano essi stabili conviventi oppure occasionali ospiti, quando l’autore della condotta non sia partecipe dell’atto della vita privata captato.

Viceversa, non risponde del reato colui che condivide con i medesimi soggetti l’atto della vita privata.

Il discrimine è la partecipazione alla conversazione o captazione per non configurare l’art. 615-bis c.p., ne consegue che detto reato non è configurabile allorché l’autore della condotta condivida con i medesimi soggetti e con il loro consenso l’atto della vita privata oggetto di captazione, Cassazione 36109/2018.

Ricordiamo che sul punto recentemente la Cassazione sezione 5 con la sentenza numero 4840 del 2 febbraio 2024 ha stabilito che il reato di interferenze illecite nella vita privata di cui all’articolo 615 bis Cp si configura anche nel caso in cui sia uno dei conviventi nell’abitazione ad avere installato un sistema di ripresa – di immagini e suoni – destinato però a registrare, in sua assenza, gli atti della vita privata degli altri conviventi.

La convivenza non esclude il reato di interferenze illecite nella vita privata.

Infine, è doveroso ricordare la sentenza della sezione 5 n. 24848/2023 che ha stabilito, il delitto di cui all’art. 615-bis cod. pen., prevede, rispettivamente al primo e al secondo comma, due diverse ipotesi di reato, il c.d. delitto di indiscrezione e quello di rivelazione.

A venire in rilievo, nel caso di specie, è la prima figura di reato, caratterizzata da una determinata modalità della condotta (che deve estrinsecarsi attraverso l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora), da una precisa qualificazione del locus comissi delicti (i luoghi di privata dimora o le loro appartenenze ex art. 414 cod. peri.) e da un requisito di illiceità speciale, nel senso che il procacciamento di notizie o immagini attinenti alla vita privata della persona offesa svolgentesi nei luoghi indicati deve avvenire “indebitamente”.

Nell’interpretazione dell’indicato requisito di illiceità speciale, il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, ha affermato che per escludere la rilevanza penale della condotta, non è decisivo che il fatto avvenga nell’abitazione di chi ne sia l’autore, ma ciò che rileva è che «il dominus loci non sia estraneo al momento di riservatezza captato» (Sez. 5, n. 22221 del 10/01/2017, Rv. 270236), laddove il disvalore penale non è ricollegato all’assenza del consenso da parte di chi viene ripreso (Sez. 5, n. 27160 del 02/05/2018, Rv. 273554).

Posto che oggetto giuridico del reato è la riservatezza domiciliare, formula che “identifica il diritto di esclusiva conoscenza di quanto attiene alla sfera privata domiciliare e cioè all’estrinsecazione della personalità nei luoghi di privata dimora”, la norma incriminatrice sanziona i soli comportamenti di interferenza posti in essere da chi risulti estraneo agli atti di vita privata oggetto di indebita captazione (Sez. 5, n. 36109 del 14/05/2018, Rv. 273598).