La condotta imprudente che genera la falsa apparenza della configurabilità del reato contestato ed esclude la riparazione per ingiusta detenzione (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 3 con la sentenza numero 9712/2024 ci permette di esaminare un caso di condotta imprudente che, alla stregua di un giudizio ex ante, è stata valutata idonea a causare o concorrere a dare causa all’ordinanza cautelare.

Tale condotta creava la falsa apparenza della configurabilità del reato contestato così concorrendo a dare causa all’ordinanza cautelare ed al suo mantenimento.

La Suprema Corte premette che, in tema di riparazione per ingiusta detenzione il giudice di merito, per stabilire se chi l’ha patita abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione ex ante – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (ex plurimis, Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002, De Benedictis, Rv. 222263; Sez. 4, n. 21308, del 26/04/2022, in motivazione; Sez. 4, n. 3359 del 22/09/2016, dep. 2017, Rv. 268952).

Ai medesimi fini, inoltre, il giudice deve esaminare tutti gli elementi probatori utilizzabili nella fase delle indagini, purché la loro utilizzabilità non sia stata espressamente esclusa in dibattimento (cfr. sez. 4 n. 19180 del 18/02/2016, Rv. 266808) alla luce del quadro indiziario su cui si è fondato il titolo cautelare, e sempre che gli elementi indiziari non siano stati dichiarati assolutamente inutilizzabili ovvero siano stati esclusi o neutralizzati nella loro valenza nel giudizio di assoluzione (15.9.2016, Rv.268238).

Ai fini di cui innanzi, è necessario uno specifico raffronto tra la condotta dell’indagato e le ragioni sottese all’intervento dell’autorità e/o alla sua persistenza (Sez. 4, n. 21308/2022, cit., in motivazione; Sez. 3, n. 36336 del 19/06/2019, Rv. 277662, nonché Sez. 4, n. 27965 del 07/06/2001, Rv. 219686), con motivazione che deve apprezzare la sussistenza di condotte che rivelino (dolo o) eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazioni di leggi o regolamenti che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità (Sez. 4, n. 21308/2022, in motivazione; Sez. 4, n. 27458 del 05/02/2019, Rv. 276458, e anche, tra le altre, Sez. 4, n. 22642 del 21/03/2017, Rv. 270001).

Ciò posto, diversamente da quanto prospettato dal ricorrente, l’ordinanza impugnata, con motivazione in linea con i principi di cui innanzi oltre che congrua, coerente e non manifestamente illogica, non ha fondato il giudizio in merito alla sinergica condotta ostativa di G.M. sulla base di fatti in contrasto con quelli accertati nel giudizio penale.

La Corte territoriale, infatti, muovendo dall’assoluzione dell’imputato, ha stabilito, con valutazione ex ante – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – che la condotta accertata nella sua dimensione storica dal giudice della cognizione, pur non integrando gli estremi del reato, in presenza dell’errore dell’autorità procedente concretizzatosi nell’adozione della misura cautelare è stata tale da concorrere ad ingenerare la falsa apparenza della configurabilità dell’illecito penale.

In particolare, è stata evidenziata quale condotta macroscopicamente imprudente il fatto che, mentre i carabinieri stavano compiendo un atto del loro ufficio (invitare il fratello del ricorrente a salire nell’auto di servizio per identificazione) G.M. si lanciava nel capannello delle numerose persone urlanti che si opponevano a tale atto (inveivano conto i militari ed avevano circondato la vettura di servizio, colpendola con calci e pugni), urlando anch’egli contro i carabinieri ed incolpandoli falsamente del fatto che la madre si era ferita alla testa, perché, nella concitazione era caduta a terra.

Tale condotta, alla stregua di un giudizio ex ante, è stata valutata idonea a causare o concorrere a dare causa all’ordinanza cautelare: la condotta imprudente, creava la falsa apparenza della configurabilità del reato contestato di cui agli artt. 110, 337 e 339 cod. pen., così concorrendo a dare causa all’ordinanza cautelare ed al suo mantenimento.