Bancarotta documentale semplice: l’inattività della società configura il “reato impossibile”? (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 5 con la sentenza numero 1800/2024 ha esaminato la questione della configurabilità del principio della inoffensività della condotta contestata, consistita nella mancata tenuta delle scritture contabili in ragione della assenza di qualsivoglia danno cagionato ai creditori, per la mancanza di operazioni da registrare, stante la acclarata inattività della società nel periodo di gestione riconducibile al ricorrente.

La Suprema Corte ha evidenziato che, la decisione adottata dalla Corte di merito, sfavorevole alla tesi della difesa, è corretta ed in linea con la costante giurisprudenza di legittimità.

Il reato di bancarotta semplice documentale, punendo il comportamento omissivo del fallito che non ha tenuto le scritture contabili, rappresenta un reato di pericolo presunto.

Esso mira ad evitare che sussistano ostacoli alla attività di ricostruzione del patrimonio aziendale e dei movimenti che lo hanno costituito e persegue la finalità di consentire ai creditori l’esatta conoscenza della consistenza patrimoniale, sulla quale possano soddisfarsi.

La fattispecie, pertanto, consistendo nel mero inadempimento di un precetto formale (il comportamento imposto all’imprenditore dall’art.2214 cod. civ.), integra un reato di pura condotta, che si realizza anche quando non si verifichi, in concreto, danno per i creditori.

L’obbligo di tenere le scritture contabili non viene meno se l’azienda non ha formalmente cessato l’attività, anche se manchino passività insolute; esso viene meno solo quando la cessazione dell’attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese (Sez. 5, n. 4727 del 15/03/2000 Rv. 215985; Sez. 5, n. 15516 del 11/02/2011, Rv. 250086; Sez. 5 n. 20514 del 22/01/2019, Rv. 275261).

Ne deriva che l’omessa tenuta della contabilità, una volta intervenuta la sentenza dichiarativa di fallimento, è penalmente sanzionata per la mera possibilità di lesione dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice, di talché si appalesa del tutto irrilevante il fatto della mancanza di un effettivo pregiudizio economico per i creditori o di una reale difficoltà nella ricostruzione del patrimonio dell’ente fallito in conseguenza dell’omissione suddetta. (Sez. 5, n. 20911 del 19/04/2011 Rv. 250407).

La esatta e piena integrazione della fattispecie, di natura formale ed a pericolo presunto, rende evidente come non sia correttamente evocato, nella specie, la figura del reato impossibile di cui all’art. 49 c.p., comma 2, dovendosi osservare che non ricorre ne’ il caso della “inidoneità della azione” ne’ quello della “inesistenza dell’oggetto” della condotta: al contrario, può osservarsi che la redazione dell’inventario, da redigersi ogni anno, serve ad evidenziare le attività e le passività dell’impresa oltre a quelle dell’imprenditore, estranee alla medesima.

Esso si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite il quale deve dimostrare gli utili conseguiti o le perdite subite (art. 2217 c.c.).

Nulla ha a che vedere, dunque, con la mancata tenuta, in termini corretti, del libro degli inventari, il fatto in sé della eventuale assenza di attività commerciale.

In altre parole, proprio la natura di reato di pericolo determina la necessità di redigere le scritture contabili finché la società sia formalmente in piedi, indipendentemente dalla sua operatività concreta, e ciò proprio allo scopo di far costantemente conoscere con immediatezza il flusso di operazioni contabili e, in loro mancanza, l’assenza di esse, che comunque possiede attitudine a fotografare lo “stato di salute” dell’impresa.

Neppure potrebbe parlarsi di inutilità di scritture contabili dalle pagine vuote, in quanto prive di operazioni da contabilizzare: informazioni di tale tipo, vertenti sia sull’operatività societaria che sulla consistenza dei beni aziendali, appaiono viceversa utili al ceto creditorio, atteso che quest’ultimo fonda le proprie scelte anche sulla circostanza che l’impresa debitrice sia attiva o meno, e in che misura, e se stia depauperando il suo patrimonio.