La Cassazione sezione 3 con la sentenza numero 8647 depositata il 28 febbraio 2024 ha ricordato che in tema di valutazione dell’attendibilità delle dichiarazioni rese da vittima minorenne, la sottoposizione del dichiarante al c.d. test di Rorschach non costituisce prova decisiva la cui mancata assunzione integra vizio della decisione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lettera d), cod. proc. pen.
La Suprema Corte sottolinea che il predetto test rappresenta solo uno dei diversi metodi scientifici di indagine psicologica sulla personalità del minore adoperati per stimarne la maturità psichica e la capacità a testimoniare, il cui utilizzo è rimesso alla discrezionalità del perito.
Quindi, nell’esercizio della sua discrezionalità tecnica il CTU non è obbligato alla somministrazione di test psicodiagnostici, la cui omissione, costituendo solo uno strumento di indagine, utilizzabile tra i tanti possibili e neppure universalmente riconosciuto dalla comunità scientifica – tanto che di essi non viene fatta alcuna menzione neanche nella Carta di Noto, contenente le linee-guida per l’esame di minori vittime di abusi sessuali – non determina un’omissione invalidante la relazione peritale. Ricordiamo che sempre in tema di reati sessuali in danno di minori di età, la valutazione giudiziale delle dichiarazioni accusatorie rese dalle vittime degli abusi, che richiede specifiche cognizioni tecniche mediante il ricorso al sapere scientifico esterno, non impone nella fase delle indagini preliminari alcun obbligo al pubblico ministero di affidare la c.d. consulenza personologica nelle forme dell’art. 360 cod. proc. pen. ovvero di richiedere al giudice per le indagini preliminari l’incidente probatorio, essendo ammissibile il ricorso alla procedura non garantita prevista dall’art. 359 cod. proc. pen., le cui risultanze sono utilizzabili nei riti speciali, ovvero nel giudizio ordinario su accordo tra le parti (Cassazione, sezione 3, sentenza numero 8541/2017).
