Arresti domiciliari: il GIP non può imporre limiti e divieti di comunicazione che non siano stati chiesti dal PM (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 51573/2023, udienza del 6 dicembre 2023, ha affermato, in adesione ad un orientamento interpretativo consolidato, che le restrizioni che contribuiscono ad inasprire il grado di afflittività della misura cautelare debbono essere considerate esse stesse restrizione alla libertà personale e, come tali, sono suscettibili di autonomo controllo giurisdizionale anche di secondo grado e, poi, di legittimità (cfr., Sez. U, n. 24 del 03/12/1996, dep. 21/01/1997, Rv. 206465 – 01; Sez.6, n. 17950 del 04/04/2013, Rv. 255136-01).

Tale principio, di carattere generale, trova applicazione anche in ipotesi di restrizione della facoltà di comunicazione prevista dall’art. 284 comma 2, cod. proc. pen., significativamente introdotta dalla locuzione “impone limiti o divieti”. Il divieto di comunicare con persone estranee al nucleo familiare, infatti, pur accedendo alla misura coercitiva degli arresti domiciliari, ha una sua propria autonomia, trattandosi non di mera modalità accessoria, ma di una prescrizione dotata di specifica ed aggiuntiva efficacia afflittiva (Sez. 4, n.20380 del 07/03/2017, Rv. 270026 – 01; Sez. 6, n. 21296 del 12/05/2009,- dep. 21/05/2009, Rv. 24367801).

Conseguentemente, i limiti ed i divieti alla comunicazione del soggetto (indagato o imputato) nei cui confronti è adottata la misura cautelare degli arresti domiciliari devono essere anch’essi oggetto di specifica conforme richiesta da parte del pubblico ministero (cfr. Sez. 5, n. 13271 del 22/12/2010, dep. 30/03/2011, Rv. 249505-01, che ha affermato che è illegittima la modifica ex officio della misura degli arresti domiciliari in senso maggiormente afflittivo disposta dal giudice in assenza di richiesta del pubblico ministero).

Ne consegue l’affermazione che in assenza della corrispondente “domanda cautelare” il giudice non può adottare d’ufficio tale peculiare autonoma forma di ulteriore e più intensa restrizione di libertà personale, sicché è nulla ai sensi dell’art. 178 c.p.p., lett. b) e art. 179 cod. proc. pen. l’imposizione, a sensi dell’art. 284 comma 2, cod. proc. pen. di limiti o divieti alla facoltà dell’imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono non preceduta dalla corrispondente richiesta del pubblico ministero (Sez. 2, n. 53671 del 27/11/2014, Rv. 261617-01; Sez. 6, n. 17950 del 04/04/2013, Rv. 255136- 01).

In conclusione, è affetto da nullità assoluta il provvedimento del giudice che, applicando la misura degli arresti domiciliari, impone limiti o divieti alla facoltà dell’imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono, in difetto di previa conforme richiesta del pubblico ministero.