L’avvocato che chiede un anticipo e non inizia la causa non commette truffa (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 2 con la sentenza numero 5888 del 9 febbraio 2024 ha ricordato che non integra il reato di truffa la condotta dell’avvocato che si faccia dare un’anticipazione sugli onorari al momento dell’assunzione di un incarico giudiziale e che poi non dia inizio al contenzioso, ponendo in essere raggiri per tacitare la richiesta di informazioni sull’andamento della controversia e quindi per evitare la restituzione di quanto indebitamente percepito, dal momento che la condotta fraudolenta, ai fini dell’integrazione della fattispecie, non può essere successiva alla ricezione dell’ingiusto profitto.

La Suprema Corte evidenzia che secondo l’ipotesi accusatoria, l’ingiusto profitto consistette nell’avere incassato gli acconti per iniziare la causa che mai iniziò e gli artifizi e raggiri consistettero nell’aver tenuto una condotta diretta a tranquillizzare i clienti che chiedevano conto dell’esito della causa.

Sennonché, applicando gli enunciati principi di diritto alla concreta fattispecie, è del tutto evidente che:

a) nessuna condotta fraudolenta venne posta in essere dall’imputato nel momento in cui i clienti gli conferirono il mandato professionale e gli pagarono un acconto: sul punto il capo d’imputazione nulla dice e la stessa Corte tace non evidenziando alcunché;

b) la condotta fraudolenta venne posta in essere in un momento successivo e cioè quando i clienti cominciarono a chiedere conto dell’esito della causa.

Fu allora, infatti, che l’imputato, per coprire la grave colpa professionale in cui era incorso, cominciò a porre in essere artifizi e raggiri finalizzati a tranquillizzare i clienti ed a sviarli, cercando così di rinviare l’inevitabile redde rationem.

Ma, è del tutto evidente che, poiché quella condotta fraudolenta venne posta in essere non nel momento iniziale e cioè per carpire il mandato professionale e gli acconti (l’ingiusto profitto con altrui danno), ma in un momento successivo e fu finalizzata al solo scopo di celare ai clienti il danno che era stato loro provocato dalla negligente condotta (non avere iniziato la causa per la quale era stato conferito il mandato professionale), non è ipotizzabile la truffa

Al contrario, integra il reato di truffa contrattuale la condotta del professionista che, per nascondere una propria inadempienza, compia artifizi e raggiri nei confronti del cliente, che, quindi, all’oscuro dell’inadempienza, gli rinnovi il mandato professionale continuando a retribuirlo, commette il reato dl truffa contrattuale nel corso dell’esecuzione del contratto di prestazione d’opera intellettuale.

L’ingiusto profitto va individuato nel rinnovo del mandato e nella percezione del relativo compenso, rinnovo che non sarebbe avvenuto ove il cliente fosse stato messo a conoscenza della inadempienza.

Fattispecie relativa ad un consulente tributario che ometteva di presentare la dichiarazione fiscale del proprio cliente, al quale garantiva invece di avervi provveduto, incassando per l’attività fittizia svolta la somma di 1735,00 euro. 

Cassazione sezione 2 penale sentenza 49472 del 27-11-2014.