L’ammissione al patrocinio a spese dello Stato preclude di subordinare la sospensione condizionale della pena al pagamento di somme alle vittime del reato (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 4 con la sentenza numero 1436/2024 ha stabilito che il giudice che intende subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’obbligo risarcitorio è tenuto a valutare, motivando pur sommariamente sul punto, le reali condizioni economiche del condannato, onde verificare se lo stesso sia in grado di effettuare il pagamento entro il termine fissato. In applicazione del principio, la Suprema Corte ha censurato la decisione che aveva subordinato il beneficio della sospensione condizionale al pagamento di una provvisionale, omettendo di valutare la condizione reddituale sulla cui base l’imputato era stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

La Corte di appello ha rigettato la domanda di revoca della subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento da parte dell’imputato della somma di euro 10.000 ritenendo che il giudice della cognizione non sia tenuto a svolgere alcun accertamento sulle condizioni economiche dell’imputato, fatta salva l’ipotesi in cui emergano situazioni che facciano dubitare della capacità economica di adempiere, escludendo che la mera circostanza dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato possa concretare una di tali situazioni, non essendo stato provato un palese stato di impossidenza e non abbienza dell’imputato, né un pregiudizio eccessivo per lo stesso, né la gravità e irreparabilità del danno in caso di recupero.

La cassazione ha premesso che in tema di subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno, secondo una prima impostazione, il giudice non è tenuto a svolgere accertamenti sulle condizioni economiche dell’imputato, in quanto la verifica dell’eventuale impossibilità di adempiere del condannato rientra nella competenza del giudice dell’esecuzione (Sez. 4, n. 4626 del 8/11/2019, Rv. 278290 – 01; Sez. 5, n. 12614 del 9)12/2015, Rv. 266873 – 01; Sez. 2, n. 26221 del 11/6/2015, Rv. 264013-01; Sez. 6, n. 33020 del 8/5/2014, Rv. 260555 – 01).

Un secondo orientamento, invece, richiamando anche il tenore della sentenza della Corte Cost. n.49 del 20 febbraio 1975 (che ha escluso l’illegittimità costituzionale dell’art.165 cod. pen. poiché risponde a una apprezzabile esigenza di politica legislativa tendente a eliminare le conseguenze dannose degli illeciti penali e a garantire che il comportamento del reo, dopo la condanna, si adegui a quel processo di ravvedimento che costituisce lo scopo precipuo dell’istituto stesso della sospensione condizionale della pena.

E ciò tenuto anche conto che l’art. 165 cod. pen. riconosce al giudice il potere di subordinare o meno all’adempimento dell’obbligo di risarcimento la sospensione della pena, a seguito della valutazione della capacità economica del condannato, potere che costituisce mezzo idoneo per evitare che si realizzi in concreto un trattamento di sfavore a carico del reo in funzione delle sue condizioni economiche), sostiene che il giudice che intende subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’obbligo risarcitorio sia tenuto a valutare, motivando sia pur sommariamente sul punto, le reali condizioni economiche del condannato, al fine di verificare se lo stesso sia concretamente in grado di effettuare il pagamento entro il termine prefissato, atteso che la subordinazione del beneficio a una condizione inesigibile contrasta con il principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. e con la funzione rieducativa della pena di cui all’art. 27 Cost. (Sez. 5, n. 46834 del 10/10/2022, Rv. 273802 – 01; Sez. 5, n. 40041 del 18/6/2019, Rv. 277604 – 01; Sez. 6, n. 49718 del 25/07/2017, Rv. 271347 – 01; Sez. 5, n. 21557 del 2/2/2015, Rv. 263675 – 01; Sez. 2, n. 22342 del 15/2/2013, Rv. 255665 – 01).

In una posizione in un certo senso intermedia si pone quell’orientamento secondo il quale il giudice non è tenuto a svolgere un preventivo accertamento in ordine alle condizioni economiche dell’imputato, dovendo tuttavia effettuare un motivato apprezzamento di esse, se dagli atti emergano elementi che consentano di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione.

In tale scia è stato, altresì, osservato che è onere dell’imputato fornire al giudice le prove da cui emergano elementi specifici e concreti che consentano, attraverso un motivato apprezzamento delle condizioni economiche dell’interessato, di valutare la capacità del medesimo di soddisfare la condizione imposta, con la conseguenza che non è sufficiente che l’imputato si limiti a lamentare genericamente le sue difficoltà economiche per mancanza di reddito (Sez. 5, n. 26175 del 4/5/2022, Rv. 283591 – 01; Sez. 6, n. 46959 del 19/10/2021, Rv. 282348 – 01; Sez. 6, n. 22094 del 18/3/2021, Rv. 281510 – 01; Sez. 5, n. 3187 del 26/10/2020, Rv. 280407 – 01; Sez. 5, n. 40480 del 24/6/2019, Rv. 278381 – 02).

È bene sottolineare che, nella maggior parte delle pronunce, la Corte di legittimità è stata chiamata a verificare se la decisione fosse dotata di valida motivazione, pur sempre alla luce degli elementi specificamente dedotti o comunque emersi nel giudizio, e tenendo conto dell’entità dell’importo dovuto.

In un caso analogo a quello qui in esame, si è anche affermato che il fatto che l’imputato sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato non comprova di per sé, lo stato d’indigenza (Sez. 6, n. 11142 del 7/2/2023, Rv. 284609 – 01).

Occorre ricordare quanto a suo tempo osservato dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 131 del 16 novembre 1979, allorché, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 136 cod. pen. (a norma del quale le pene pecuniarie, non eseguite per insolvibilità del condannato, si convertivano in pena detentiva) aveva considerato lesiva del principio di eguaglianza in materia penale l’automatica e indifferibile conversione, dovuta all’accertata insolvibilità del condannato, della pena pecuniaria in pena detentiva.

La condizione economica del condannato deve essere valutata, anche nel caso in esame, con l’analogo obiettivo di salvaguardare il principio di eguaglianza in materia penale, che sarebbe violato qualora la sospensione condizionale della pena fosse indiscriminatamente subordinata al pagamento di una somma di denaro senza previamente valutare se il condannato sia in condizione di ottemperarvi.

Per tali ragioni si ritiene di aderire all’orientamento secondo il quale il giudice è tenuto a valutare, motivando sia pur sommariamente sul punto, le reali condizioni economiche del condannato, al fine di verificare se lo stesso sia concretamente in grado di effettuare il pagamento entro il termine prefissato, tanto più nel caso in cui l’imputato sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, essendo in tale ipotesi necessario verificare sulla base di quale condizione reddituale sia stato riconosciuto il diritto alla difesa a spese dello Stato.

Le considerazioni che precedono comportano l’annullamento della sentenza impugnata sul punto inerente alla subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello.