Pene sostitutive e termine ultimo per richiederle nel giudizio di appello cartolare (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 2106/2024 ha stabilito che in caso di giudizio di appello a trattazione scritta, affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito alla applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive di cui all’art. 20-bis cod. pen., in base alla disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022, è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare con l’atto di gravame o, al più tardi, entro il termine perentorio di cinque giorni prima dell’udienza, previsto dall’art. 23-bis, comma 2, 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, per la presentazione delle proprie conclusioni scritte.

La Suprema Corte premette che con l’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, trova, applicazione l’art. 95, recante le disposizioni transitorie in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi.

In particolare, il primo comma di detta norma prevede che le norme previste dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, se più favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore del presente decreto. Come chiarisce la relazione illustrativa al citato d.lgs., la norma in esame potrebbe apparire distonica rispetto all’impianto del codice di rito laddove consente l’applicabilità delle pene sostitutive anche nei giudizi di impugnazione, ma, in realtà, la sua ratto risponde, da un lato, alla natura sostanziale delle pene sostitutive e, dall’altro, all’esigenza di garantire anche in detti giudizi l’applicabilità del principio di retroattività delle disposizioni in bonam partem e di irretroattività di quelle in malam.

La disposizione transitoria non chiarisce, tuttavia, né se il giudice dell’impugnazione debba procedere d’ufficio, secondo lo schema bifasico previsto per il processo di primo grado dall’art. 545-bis cod. proc. pen., né le modalità e i termini entro i quali l’imputato interessato alla sostituzione della pena detentiva possa formulare la relativa istanza alla corte di appello.

Nel silenzio della norma, la questione deve necessariamente essere risolta considerando le differenti cadenze temporali che scandiscono il giudizio di appello, a seconda che questo sia trattato in forma orale o cartolare.

Premesso che in entrambi i casi l’imputato potrà specificamente devolvere la questione con l’atto di appello o con i motivi nuovi, ritiene la cassazione in continuità con il principio di diritto già affermato da Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, Rv. 285090 che, ove il giudizio di impugnazione sia trattato oralmente, la richiesta di sostituzione della pena detentiva, ove non contenuta nell’atto di gravarne, potrà essere formulata dall’imputato con una memoria da depositare prima dell’udienza ovvero, al più tardi, nel corso della discussione.

Diversamente, in caso di trattazione in forma cartolare del giudizio di appello, il termine ultimo entro il quale l’imputato potrà formulare l’istanza di sostituzione non può che essere identificato in quello di cinque giorni prima dell’udienza, previsto dall’art. 23-bis, comma 2, dl. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, per la presentazione delle proprie conclusioni scritte.

Tale soluzione consente, infatti, di inserire l’istanza di sostituzione della pena detentiva, al pari di ogni altra richiesta proveniente dalle parti, nelle cadenze processuali proprie delle modalità di trattazione del giudizio di appello e di garantire, al contempo, il contraddittorio tra le parti.

Va, infatti, considerato, che, sebbene non prevista dalla disciplina transitoria, la necessità che anche su tale istanza debba svolgersi il contraddittorio può desumersi non solo dai principi ispiratori del processo penale (art. 111 Cost.), ma anche dalla disciplina contenuta nell’art. 545-bis cod. proc. pen. in cui si prevede che se l’imputato acconsente alla sostituzione della pena detentiva il giudice provvede «sentito il pubblico ministero».

Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso in esame, rileva la Suprema Corte che l’istanza dell’imputato è stata formulata tardivamente, senza l’osservanza del termine libero di cinque giorni prima dell’udienza previsto dall’art. 23-bis, comma 2, di. n. 137 del 2020.

Va, infatti, considerato che detto termine rientra nella più ampia categoria processuale disciplinata dall’art. 172, comma 5, cod. proc. pen. e ciò implica, in base al dettato della norma – secondo la quale “quando è stabilito soltanto il momento finale, le unità di tempo stabilite per il termine si computano intere e libere” – che vanno esclusi dal computo sia il “dies a quo” che il “dies ad quem” (cfr. Sez. 3, n. 30333 dei 23/04/2021, Rv. 281726; si veda anche, con riferimento al termine di cinque giorni previsto dall’art. 127, comma 2, cod. proc. pen. per la presentazione di memorie in cancelleria, Sez. 2, n. 15718 del 01/03/2023, Rv. 284499).

Tale termine, inoltre, non ha natura ordinatoria, ma perentoria in quanto, come già affermato dalla cassazione, il suo rispetto è imprescindibilmente funzionale a consentire il corretto svilupparsi del contraddittorio tra le parti, nonché necessario spazio di valutazione per il giudice (Sez. 6 n. 18483 del 29/03/2022, Rv. 283262).

Si è, infatti, sostenuto – in termini simmetrici alla giurisprudenza relativa alla trattazione cartolare prevista dall’art. 611 cod. proc. pen. (si veda, tra le tante, Sez. 6, n. 11630 del 27/2/2020, Rv. 278719; Sez. 4 n. 49392 dei 23/10/2018, Rv.274040) – che il contraddittorio cartolare, fondato su differenti cadenze temporali entro le quali le parti possono formulare le rispettive richieste, presuppone di per sé la perentorietà dei termini, proprio perché il loro rispetto è il requisito essenziale per garantire a ciascuna parte processuale, nonché all’organo giudicante, l’esercizio delle rispettive facoltà e poteri.

Ne consegue, pertanto, che non è ravvisabile alcun difetto di motivazione della sentenza impugnata che, legittimamente, si è limitata ad esaminare i motivi di appello senza considerare anche il contenuto della richiesta presentata tardivamente dall’imputato.

Alla luce di quanto sopra esposto va, dunque, formulato il seguente principio di diritto “in caso di giudizio di appello a trattazione scritta, affinché il giudice dl appello sia tenuto a pronunciarsi in merito alla applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive di cui all’art. 20-bis cod. pen., in base alla disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022, è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare con l’atto di gravame o, al più tardi, entro il termine perentorio di cinque giorni prima dell’udienza, previsto dall’art. 23-bis. comma 2, 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, per la presentazione delle proprie conclusioni scritte“.