Divieto di reformatio in peius: non preclude al giudice d’appello la modifica peggiorativa delle modalità applicative della sospensione condizionale della pena (di Vincenzo Giglio)

Secondo Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 1319/2024, udienza del 14 dicembre 2024, non incorre nel divieto di reformatio in peius, la Corte d’appello che, in difetto di impugnazione sul punto, disponga la modifica in senso peggiorativo delle modalità di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, subordinandolo all’adempimento di uno degli obblighi previsti dall’art. 165 cod. pen. (Sez. 6, n. 9063 del 10/01/2023, Rv. 284337 – 01).

Va infatti sottolineato che il divieto di reformatio in peius ha carattere eccezionale, il che preclude, la possibilità di ampliarne l’ambito applicativo per analogia, anche se in bonam partem. Da tale affermazione consegue l’impossibilità di ritenere operante il divieto con riferimento alle modalità di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena: invero, l’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. riconduce all’ambito applicativo del divieto unicamente la «revoca del beneficio», e, pertanto, a tale dato letterale occorre necessariamente limitarsi nel definire l’ambito operativo del divieto di reformatio in peius (vedi Sez. 2, n. 34727 del 30/6/2022, Rv. 283845-02).

In considerazione del principio di diritto per cui la subordinazione della sospensione condizionale della pena all’adempimento di un obbligo può essere disposta anche in assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero, a maggior ragione si deve ritenere legittima la mera determinazione di un termine per l’adempimento della condizione cui la concessione del beneficio de quo era stata individuata dal primo giudice.

In conclusione, deve ribadirsi il principio secondo cui non incorre nel divieto di reformatio in peius la Corte d’appello che, in difetto di appello sul punto, si limiti a modificare le modalità di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena.