L’improvviso malfunzionamento del portale dopo il D.M. 217 del 2023: come gestirlo? (di Mattia Serpotta)

Negli ultimi quattro anni, almeno una volta nella propria vita, ad essere stati fortunati, ogni avvocato penalista ha personalmente sperimentato l’impossibilità di depositare un atto al portale.

Ci si riferisce genericamente ai casi in cui, al di fuori del “malfunzionamento” in senso stretto, cioè l’interruzione del sistema attestata e comunicata in anticipo dal D.G.S.I.A., senza un’apparente e comprensibile ragione, il sito non sia temporaneamente raggiungibile o accessibile all’utente oppure anche la mera trasmissione dell’atto non vada a buon fine e, con essa, preclusa l’attestazione dell’avvenuto deposito.

Il problema, fino a pochi giorni fa, rimaneva confinato ai pochi atti per i quali l’uso del portale era obbligatorio, tassativamente individuati dal comma 6 bis dell’art. 87 del D. Lgs. 150 del 2022 e istituzionalmente destinati alla sola Procura della Repubblica: dichiarazione di nomina, revoca e rinuncia del difensore, atto di opposizione alla richiesta di archiviazione, denuncia, querela, richieste ex art. 415 bis c.p.p., etc.

In tutti questi casi, l’esperienza quadriennale ci ha consegnato prassi consolidate in tutti gli Uffici giudiziari, spesso avallate da “direttive” del Procuratore della Repubblica, se non anche da protocolli di intesa con l’Avvocatura distrettuale, in cui l’atto veniva comunque depositato e “accettato” in formato cartaceo o, addirittura, a mezzo PEC, purché accompagnato dalla prova fornita dal difensore, spesso artigianale come lo “screenshot” della schermata del monitor del PC, della “impossibilità” di utilizzare il portale.

Il problema si ripropone oggi, ma con dimensioni più gravose, all’esito dell’entrata in vigore del D.M. 217 del 2023.

Come noto, il regolamento ha ampliato il novero degli atti, e conseguentemente degli Uffici di destinazione, per i quali il deposito al portale è diventato esclusivo: tutti gli atti della fase delle indagini preliminari, pur con le eccezioni dei procedimenti in materia cautelare, nonché la dichiarazione di nomina, revoca e rinuncia del difensore depositata in qualsiasi fase processuale, con l’eccezione degli Uffici, individuati dallo stesso D.M., per i quali l’uso del portale non è ancora tecnicamente possibile.

Come verrà adesso gestito dal difensore, ma soprattutto dalle Procure e dall’Ufficio G.I.P., per gli atti delle indagini preliminari, e dagli altri Uffici giudiziari, per le dichiarazioni di nomina, revoca e rinuncia, il deposito di un atto obbligatoriamente destinato al portale, quando il sistema “improvvisamente” non funzionerà?

Ipotizziamo il caso, neanche troppo di scuola, dell’Avvocato Tizio, il quale, alle ore 20,30 dell’ultimo giorno utile per il deposito di un atto di opposizione alla richiesta di archiviazione, non riesca ad accedere al portale perché il sito non è raggiungibile.

L’art. 175 bis c.p.p. ‒ norma certamente entrata in vigore il 14.1.2024, ai sensi del comma 5 dell’art. 87 del D. Lgs. 150 del 2022, per tutti gli atti per i quali il deposito telematico è diventato esclusivo e per i quali, dunque, non è stato previsto alcun “periodo di transizione” ‒ non è invocabile nel nostro caso.

La norma disciplina infatti soltanto le ipotesi di malfunzionamento ‒ si passi il termine ‒ “prevedibile e previsto”, presupponendo infatti che lo stesso sia anticipatamente e per tempo “attestato” e “comunicato” dal D.G.S.I.A. o dal Dirigente dell’Ufficio giudiziario.

La soluzione adottata dal legislatore è in ogni caso quella di autorizzare, fino all’avvenuto ripristino del sistema, solo modalità “non telematiche” di deposito e, nel caso di scadenza di termini previsti a pena di decadenza, l’applicazione dell’istituto della restituzione nei termini, ex art. 175 c.p.p.

La norma non è certamente applicabile, quindi, al malfunzionamento ‘improvviso’, cioè non attestato e comunicato per tempo dal D.G.S.I.A. o dal Dirigente dell’ufficio, e soprattutto non autorizza, quindi logicamente preclude, l’uso alternativo della posta elettronica certificata.

Potrebbe al contrario invocarsi il comma 6 quater dell’articolo 87, norma la cui vigenza sopravvive certamente al D.M. 217 del 2023, non essendo testualmente ancorata alla pubblicazione del regolamento.

Secondo la prima parte della predetta disposizione, ancora una volta, se il malfunzionamento è certificato anticipatamente dal D.G.S.I.A., il termine di deposito in scadenza sarà “prorogato” di diritto fino all’effettivo ripristino del sistema. Nulla si dice, invece, in ordine alla possibilità di depositare ugualmente l’atto con modalità alternative, e men che meno attraverso l’uso della PEC.

L’ultimo periodo della norma, tuttavia, legittima l’Autorità giudiziaria ad “autorizzare” il deposito dell’atto in formato cartaceo, se ricorrono “ragioni specifiche”.

Esclusa ancora una volta testualmente la possibilità che l’Autorità giudiziaria legittimi l’uso della PEC, la disposizione sembra attribuire ampi margini ai Dirigenti degli Uffici giudiziari, affinchè adottino provvedimenti, anche di carattere generale e preventivo, che autorizzino il deposito cartaceo anche nel caso di malfunzionamento improvviso del portale, dunque non attestato e comunicato preventivamente.

Nel nostro caso, l’uso della PEC non appare invece legittimato dall’art. 87 bis del D. lgs 150 del 2022 e ciò per tre ordini di ragioni:

A) ai sensi del comma 1, per i casi in cui il deposito telematico è esclusivo, come nell’ipotesi di cui si discute, la norma ha testualmente cessato la sua efficacia con il decorso dei 15 giorni dalla pubblicazione del D.M. 217 del 2023;

B) il richiamo operato dall’art. 3, comma 8, del D.M. 217 del 2023 alla disciplina dell’art. 87 bis riguarda l’ipotesi in cui il deposito cartaceo sia alternativo a quello al portale, con esclusione dunque di quelle in cui l’uso del portale è obbligatorio;

C) il comma 6 quinquies dell’articolo 87 e lo stesso articolo 87 bis precludono comunque l’uso della PEC in tutti i casi in cui l’atto da depositare rientri tra quelli per il quale, ai sensi del comma 6 ter dell’articolo 87, un Decreto Ministeriale ‒ dunque anche successivo a quelli abrogati del luglio del 2023, ivi compreso il D.M. 217 del 2023 ‒ abbia espressamente previsto l’uso del portale.  

Il comma 4 dell’art. 111 bis c.p.p., norma anche questa da ritenersi in vigore a partire dal 14.1.2024, fa semmai salva la possibilità per le “parti” di depositare con modalità cartacea gli atti che “compiono personalmente”.

Da una parte, la norma dovrebbe consentire quindi al difensore di depositare in formato analogico, quale mero delegato, atti compiuti, quindi redatti e sottoscritti personalmente, dalla parte. Dall’altra, la stessa non sembra invocabile nel caso di atti della persona offesa, la quale a stretto rigore “parte”, tecnicamente, non è.

Tornando ora al nostro Avvocato Tizio, alle ore 20.30 dell’ultimo giorno utile di deposito dell’atto di opposizione, di fronte al malfunzionamento improvviso del portale:

‒ non potrà certamente ricorrere alla PEC, quand’anche autorizzato dal Presidente della Repubblica in persona;

‒ troverà le cancellerie chiuse e non potrà depositare l’atto in forma analogica;  

‒ non potrà invocare l’art. 175 bis c.p.p. e, neanche, la disciplina generale di cui all’art. 175 c.p.p., in quest’ultimo caso quantomeno per quegli atti, come l’opposizione alla richiesta di archiviazione, per i quali il termine non è previsto a pena di decadenza. 

Al di fuori di questo caso limite, che semmai insegna, oggi più che mai, all’Avvocato Tizio a non “ridursi all’ultimo giorno”, appare quindi necessario che i Dirigenti degli Uffici giudiziari ‒ destinatari del deposito di atti per i quali l’uso del portale è diventato obbligatorio ‒ adottino con urgenza, ex art. 87 comma 6 quater del D. Lgs. 150 del 2022, direttive che autorizzano il difensore, sempre e comunque, all’uso della modalità cartacea proprio nel caso di malfunzionamento improvviso del portale e quindi estraneo alla previsione dell’art. 175 bis c.p.p. e del primo periodo dello stesso comma 6 quater.

Sotto questo profilo, devono forse leggersi con qualche perplessità sul piano interpretativo due provvedimenti di recente emessi dai Presidenti del Tribunale di Verona e di Treviso, entrambi allegati alla fine del post, i cui contenuti ben presto potrebbero essere emulati su larga scala nazionale.

Pur nell’evidente spirito di agevolare le difficoltà cui potrebbero andare incontro i difensori, i provvedimenti prevedono infatti che, nel caso di deposito obbligatorio di atti destinati al G.I.P nella fase delle indagini preliminari, in caso di malfunzionamento del portale di cui l’avvocato dia prova, ricorrendo ragioni di “urgenza”, questi sarà autorizzato non soltanto all’uso della modalità cartacea, ma anche della PEC.

Preoccupa anzitutto la legittimazione della posta elettronica certificata, come detto, priva di copertura normativa. Ritornando con affetto all’esempio dell’Avvocato Tizio, è concreto quindi il rischio che, di fronte al malfunzionamento improvviso del portale, l’atto di opposizione depositato a mezzo PEC sulla scorta di una direttiva adottata dal Procuratore di Topolinia, possa in futuro essere destinata, anche su istanza di parte, alla declaratoria di inammissibilità.

Preoccupa ancor di più la legittimazione del principio per il quale, di fronte a una incolpevole, improvvisa, non preannunciata, impossibilità di depositare l’atto al portale, l’uso delle modalità alternative sia dall’Autorità giudiziaria di fatto confinato ai soli casi di “urgenza”, così imponendo al difensore di attendere il ripristino del sistema in tutti le altre ipotesi.

Confidiamo invece sul fatto che l’Avvocatura sappia in futuro, con forza, riaffermare un altro principio, coerente con il sistema previsto da decenni dal codice di rito, e cioè che la scelta del momento in cui un atto, qualsiasi esso sia, merita di essere portato a conoscenza dell’Autorità Giudiziaria è rimesso alla valutazione esclusiva del difensore e non ammette dunque alcun margine di discontinuità temporale.