Irretroattività della legge: per la Consulta è un principio fondamentale anche oltre la materia penale (di Vincenzo Giglio)

Con l’importante sentenza n. 4/2024 (presidente Barbera, redattore D’Alberti), camera di consiglio e decisione il 6 dicembre 2023, deposito l’11 gennaio 2024, allegata alla fine del post, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 51, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che era intervenuto, in via retroattiva, per escludere l’operatività di maggiorazioni alla retribuzione individuale di anzianità dei dipendenti pubblici in relazione al triennio 1991-1993, a fronte di un orientamento giurisprudenziale che stava invece riconoscendo a tali dipendenti il diritto ad ottenere il menzionato beneficio economico dalle amministrazioni di appartenenza.

La Corte ha innanzitutto chiarito che il controllo di costituzionalità delle leggi retroattive diviene “ancor più stringente” qualora l’intervento legislativo “incida su giudizi ancora in corso, specialmente nel caso in cui sia coinvolta nel processo un’amministrazione pubblica”, essendo precluso al legislatore “di risolvere, con legge, specifiche controversie e di determinare, per questa via, uno sbilanciamento tra le posizioni delle parti coinvolte nel giudizio”.

Al fine di verificare se l’intervento legislativo retroattivo sia effettivamente preordinato a condizionare l’esito di giudizi pendenti, la Corte costituzionale è chiamata a svolgere – in piena sintonia con la giurisprudenza della Corte EDU – uno scrutinio che assicuri una “particolare estensione e intensità del controllo sul corretto uso del potere legislativo”, tenendo conto delle concrete tempistiche e modalità dell’intervento del legislatore.