Proposta l’abrogazione dei commi 1-ter e 1-quater dell’articolo 581 del codice di procedura penale (di Vincenzo Giglio e Riccardo Radi)

La proposta

L’impugnazione non avrà più bisogno della nuova dichiarazione o elezione di domicilio e del nuovo mandato ad impugnare rilasciato dall’imputato assente al difensore dopo la sentenza di primo grado.

Segnaliamo la proposta di legge numero 1636 presentata dall’on. Calderone e altri per apportare: “Modifiche agli articoli 430 e 581 del codice di procedura penale, in materia di attività integrativa di indagine e di termine per la richiesta dell’applicazione di procedimenti speciali da parte dell’imputato nonché di dichiarazione o elezione di domicilio negli atti d’impugnazione“.

La proposta prevede l’abrogazione dei commi 1-ter e 1-quater dell’articolo 581 del codice di procedura penale, relativi all’elezione di domicilio e all’obbligo di conferire un nuovo specifico mandato al difensore per le impugnazioni. 

Secondo l’onorevole Calderone, le due norme sono inutili: “Non servono alla collettività né all’imputato, e neppure a velocizzare i processi: sono solo dannose per l’avvocato e gli assistiti più deboli”.

Aspettando le vacue interlocuzioni e preso atto che la strada dell’incostituzionalità è impervia dobbiamo sperare in un iter veloce della proposta depositata in Commissione Giustizia alla Camera che prevede anche la modifica dell’articolo 430 c.p.p. “Attività integrativa di indagine del pubblico ministero e del difensore”.

Secondo quanto riportato nella relazione introduttiva, nell’ambito dell’articolo 430 c.p.p. che: “regola la delicata fase che intercorre tra la fine delle indagini preliminari e l’inizio del processo penale, si può notare come le garanzie poste a tutela della persona rinviata a giudizio sono di fatto eluse da disposizioni che possono integrare una grave compressione del diritto di difesa” di chi è sottoposto a procedimento penale. Come è noto, prosegue la relazione, “il termine ultimo per la richiesta di accesso ai riti alternativi è costituito dall’udienza preliminare”.

Ed è evidente che “l’assunzione di ulteriori prove da parte del pm, unitamente alla ridetta preclusione costituita dall’udienza preliminare, nella sostanza rischia di inficiare in radice il giudizio prognostico fatto dall’imputato alla chiusura delle indagini preliminari circa l’opportunità di fruire o meno del patteggiamento ovvero del giudizio abbreviato”.

Calderone sottolinea la novità della norma proposta a partire dalla circostanza che, dal termine delle indagini alla udienza preliminare: “il pm può solo assumere prove sopravvenute: se ad esempio poteva sentire un testimone nel corso delle indagini preliminari e non vi ha provveduto, non può più farlo quando quella fase è conclusa”.

In pratica si prevede una preclusione alle indagini e il pubblico ministero potrà assumere “solo prove sopravvenute, e non quelle che doveva o poteva assumere nella loro sede tipica”.

Stessa condizione è prevista tra il rinvio a giudizio e l’inizio del processo. Calderone fa il seguente esempio: “Il giudice dell’udienza preliminare il 1° febbraio 2024 rinvia a giudizio l’imputato e fissa la prima udienza dibattimentale per il 30 aprile. In questo lasso di tempo il pm può acquisire solo prove sopravvenute”, ad esempio sentire un nuovo testimone.

La proposta prevede una novità significativa, il nuovo articolo 430 cpp indica: “che si deve rimettere in termini l’imputato per richiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento”.

La proposta di legge dunque “intende rendere pieno ed effettivo il diritto di difesa: nei casi di attività integrativa d’indagine, procrastina per l’imputato l’opzione di accesso ai riti alternativi, così fondata sull’effettiva e completa conoscenza di tutti gli elementi a suo carico”.

Il nostro commento

Pensiamo che l’iniziativa dell’on. Calderone meriti di essere sostenuta.

Tende infatti a incidere su norme che, così come concepite e soprattutto interpretate, ostacolano l’attività difensiva, accentuano la disparità tra accusa e difesa e attribuiscono vantaggi indebiti ai pubblici ministeri.

Vediamo come.

…Abrogazione dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen.

Abbiamo più volte evidenziato il notevole aggravio di difficoltà implicato da queste due disposizioni, le loro negative conseguenze sull’effettività della difesa e le molteplici incertezze interpretative della giurisprudenza di merito e di legittimità.

Come se non bastasse, il mancato rispetto delle prescrizioni contenute nei due commi in esame comporta la più pesante delle sanzioni processuali, cioè l’inammissibilità dell’impugnazione e in tal modo è stata consegnata alla giurisdizione un’ulteriore arma di “giurisprudenza difensiva” che, per quanto si è visto finora, non si esita troppo ad usare anche ricorrendo a formalismi esasperati (come nel caso, documentato di recente, di impugnazione dichiarata inammissibile per difetto di elezione o dichiarazione di domicilio sul presupposto che la preesistente elezione non avesse alcun valore e dovesse essere rinnovata).

Suono quindi piuttosto beffarda, in casi del genere, l’affermazione giurisprudenziale della necessità di salvaguardare l’effettiva volontà dell’accusato mentre, di fatto, la si ignora.

…Modifica dell’art. 430 cod. proc. pen.

La proposta di legge in esame si muove sul presupposto della dannosità al principio della “parità delle armi”.

Come è noto ad ogni pratico, a legislazione vigente è consentito all’accusa pubblica svolgere attività integrativa di indagine dopo la conclusione delle indagini preliminari, con la sola preclusione degli atti per i quali è prevista la presenza dell’accusato o del suo difensore.

Al tempo stesso, chi si difende può chiedere di essere giudicato con un rito alternativo fino alla presentazione delle conclusioni nell’udienza preliminare.

Esiste dunque un’evidente sfasatura temporale che danneggia la difesa, imponendole di compiere le sue valutazioni sulla convenienza dell’accesso a un rito alternativo sulla base di un compendio di atti che potrebbe risultare incompleto o addirittura contraddetto o smentito in conseguenza dell’attività integrativa compiuta dal PM.

Le modifiche contenute nella proposta Calderone – limitazione dell’attività integrativa alle sole prove sopravvenute e rimessione in termini dell’accusato nei casi in cui tale attività sia stata svolta – ci sembrano andare nella giusta direzione, evitando rivisitazioni del materiale già acquisito o acquisibile nella fase delle indagini preliminari e restituendo a chi si difende il diritto di avere piena e definitiva consapevolezza degli elementi sui quali è costruita l’accusa.