L’avvocato logorroico (di Giovanna Bellizzi)

L’avvocato logorroico lo riconosci subito perché, appunto, è logorroico.

Egli parla, dice, elenca, espone, precisa, sottolinea soprattutto se è il suo turno di dibattere e discutere innanzi al giudice.

Al contrario, se tale diritto alla difesa dell’assistito è esercita dalla controparte, ecco che l’avvocato tricologico sbuffa, protesta, contesta e interrompe sulla base del concetto giuridico, vecchio come il cucco ma sempre attuale che “se a parlare sono io ogni dire è giusto, se a parlare è la controparte, ogni suo dire è superfluo, strumentale e inopportuno”.

Ma l’avvocato logorroico esprime il meglio di sé quando è relatore in un convegno di disinformazione professionale discontinua.

Gli avvocati partecipano zelanti e precisi sia per il piacere di essere disinformati ma soprattutto, o solo, per accumulare i punteggi premio (chissà che si vince a fine anno poi).

L’ascolto, all’inizio, è attento ma poi il livello di concentrazione del pubblico non pagante, diventa inversamente proporzionale al fiume di parole, concetti, disquisizioni del collega relatore diversamente loquace.

Egli, però, imperterrito, va avanti come un freccia rossa nelle tratte del Norditalia, senza dubbi e senza fermate superflue, incurante degli sguardi vitrei e assonnati dei colleghi ascoltanti, e ignorando bellamente gli sbadigli, il rumorio in sottofondo fino al punto di far finta di non vedere le strategiche tattiche di alcuni che fingono di ricevere telefonate urgentissime, necessità fisiologiche impellenti ed altro pur di sottrarsi all’esposizione del relatore che oramai, dopo circa un’ora di elucubrazioni, oltre a diventare ripetitivo, ha assunto la veste del predicatore e il suo dire, a un certo punto, dell’omelia.

Nulla però turba il relatore diversamente loquace perché non è tanto il dire che conta, a ben vedere, ma il fatto di poterlo dire seppur ad un pubblico diversamente attento, nella logica, sempre attuale del “non è importante che si dica male o bene purché si dica”.