Il diritto dell’imputato alla difesa tecnica è incluso tra i diritti considerati fondamentali dalla CDFUE e dalla CEDU? La Cassazione lo chiede alla Corte di giustizia UE (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 6^, ordinanza n. 50684/2023, udienza del 29 settembre 2023, ha sottoposto in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea i seguenti quesiti, a norma dell’art. 267 TFUE:

«se l’art. 6 del Trattato sull’Unione europea deve essere interpretato nel senso che il diritto dell’imputato alla difesa tecnica in un processo criminale sia annoverato tra i diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000 ed i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri dell’Unione europea, che esso riconosce come principi generali del diritto dell’Unione e che la decisione quadro del Consiglio dell’Unione Europea 2002/584/GAI del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo ed alle procedure di consegna tra Stati membri, obbliga a rispettare»;

«se, in caso affermativo, il diritto dell’imputato alla difesa tecnica in un processo criminale possa ritenersi comunque rispettato qualora la sentenza di condanna sia stata pronunziata nei confronti di un imputato assente e non assistito da alcun difensore, di sua fiducia o nominato dal giudice procedente, sebbene soggetta al diritto potestativo dell’imputato stesso, una volta consegnato, di ottenere la ripetizione del giudizio con le garanzie difensive»;

«se, di conseguenza, l’art. 4-bis della decisione quadro del Consiglio dell’Unione Europea 2002/584/GAI, introdotto dalla decisione quadro del Consiglio dell’Unione Europea 2009/299/GAI del 26 febbraio 2009, deve essere interpretato nel senso che lo Stato richiesto della consegna abbia la facoltà di rifiutare l’esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, se l’interessato non è comparso personalmente al processo terminato con la decisione, anche quando sussistano le condizioni di cui al par. 1, lett. d), dello stesso art. 4-bis, ma l’interessato non sia stato assistito da un difensore, nominato di sua fiducia o di ufficio dal giudice procedente».

Quesiti importanti, come si vede, ed altrettanto importanti saranno la risposta che darà la Corte del Lussemburgo e i suoi riflessi nel panorama giurisprudenziale interno, anche oltre i confini della questione concreta all’esame della Cassazione.

Se ne riparlerà.