La violazione dell’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen. non determina nullità né costituisce vizio sindacabile in sede di legittimità (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 51230 del 21 dicembre 2023 ha ricordato che la violazione delle regole sulla ripartizione delle attribuzioni tra diversi uffici del Pubblico ministero non determina l’inesistenza della domanda cautelare (che sola priverebbe il giudice investito del potere-dovere di decidere sull’applicazione della misura), deve rilevarsi che, ove pure in astratto dovesse ipotizzarsi l’anzidetta violazione, essa non potrebbe essere oggetto di ricorso per cassazione.

Fatto

La difesa ha eccepito la violazione dell’art. 51, comma 3 bis, 178, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 384 e 390, 21, 27, comma 1, 291, comma 2, cod. proc. pen.

Dopo avere ricordato che la Procura D.D.A. di Roma aveva disposto il fermo di indiziato di delitto ex art. 384 cod. proc. pen. il 7 aprile 2023 e che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Civitavecchia era stato investito della richiesta di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere dalla Procura di Civitavecchia, luogo di esecuzione del fermo, il ricorrente ha affermato che la richiesta doveva invece essere avanzata dalla Procura D.D.A. di Roma, funzionalmente competente in relazione a titoli di reato ex art. 51 cod. proc. pen., dinanzi alla quale era già iscritto il procedimento penale nell’ambito del quale era stato disposto il fermo dell’indagato.

Tale norma, che attribuisce le funzioni inquirenti per i reati indicati al comma 3 bis dell’art. 51 citato, comporterebbe una deroga assoluta ed esclusiva alle regole ordinarie inerenti alla competenza per territorio.

Di qui la nullità assoluta dell’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Civitavecchia, perché adottata su richiesta proveniente da soggetto privo della titolarità funzionale ad esercitare il potere di azione, nonché la nullità derivata anche di quella adottata dal Giudice per le indagini preliminari di Roma, oggetto della presente impugnazione, poiché la nullità assoluta dell’ordinanza emessa dal giudice incompetente escluderebbe anche la possibilità di trasmettere gli atti al Tribunale ritenuto competente

Decisione

La cassazione premette che l’articolo 390, comma 1, cod. proc. pen., che prevede per la convalida dell’arresto o del fermo la competenza del Giudice per le indagini preliminari del luogo dove l’arresto o il fermo è stato eseguito, e l’art. 391, comma 5, stesso codice, che prevede la competenza dello stesso Giudice a disporre l’applicazione delle misure coercitive, difatti, configurano un’ipotesi di competenza funzionale.

Tali norme derogano alla regola generale contenuta nell’art. 328 cod. proc. pen., il quale prevede che per determinati reati (quelli indicati nell’art. 51, comma 3- bis, cod. proc. pen.) le funzioni di Giudice per le indagini preliminari sono esercitate, salvo specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del Tribunale del capoluogo del distretto, nel cui ambito ha sede il giudice competente. Ne consegue che la convalida del fermo o dell’arresto, in quanto oggetto della specifica disposizione di legge di cui all’art. 390 sopra citato, rientra nella clausola di salvaguardia contenuta nel predetto art. 328. In tal senso si è già espressa questa Corte (cfr.: Sez. 2, n. 5226 del 16/11/2006, Rv. 235813 01; Sez. 6, n. 3268 del 18/10/1999, Rv. 216374 – 01).

Nel caso in esame, quindi, correttamente la convalida del fermo è stata richiesta dal Pubblico ministero di Civitavecchia, luogo in cui è stato eseguito il fermo.

Di seguito, dichiaratosi incompetente il Giudice per le indagini preliminari di Civitavecchia, ritualmente gli atti sono stati trasmessi al Giudice competente.

Giova aggiungere, inoltre, che correttamente il Tribunale del riesame ha osservato, in linea con quanto già affermato da questa Corte (Sez. 6, n. 1972 del 16/05/1997, Rv. 210043 – 01) che il provvedimento con il quale il Giudice competente dispone in tema di misure cautelari, a norma dell’art. 27 cod. proc. pen., assume completa autonomia rispetto al precedente provvedimento, disposto interinalmente dal Giudice incompetente, e non può essere definito di conferma o di reiterazione di esso, essendo un provvedimento emesso da altro Giudice sulla base di una autonoma valutazione delle condizioni richieste e di un distinto apprezzamento degli elementi che ne sono a fondamento, suscettibili di verifica in sede di impugnazione.

Ne consegue che su tale provvedimento non incidono le vicende relative al precedente provvedimento reso dal giudice ritenutosi incompetente.

Ad ogni modo, deve rilevarsi che la cassazione (Sez. 6, n. 21265 del 15/12/2011, Rv. 252851 – 01) ha già avuto modo di affermare che non determina nullità né costituisce vizio sindacabile in sede di legittimità la violazione della norma (art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen.) che attribuisce all’ufficio del Pubblico ministero in sede distrettuale la titolarità delle indagini riguardo ai procedimenti per i reati in essa elencati.

Si è rimarcato che dall’espressa dizione dell’art. 51 cod. proc. pen. si evince che l’individuazione dell’ufficio del Pubblico ministero, cui è attribuito il potere di espletare indagini in un determinato procedimento, non implica un problema di competenza, ma di mera legittimazione, che incide sull’organizzazione del lavoro, con conseguenti rilievi giuridici solo nei rapporti tra gli uffici del Pubblico ministero, salvo il temperamento introdotto dall’art. 54 quater cod. proc. pen., che consente all’indagato, alla persona offesa dal reato e ai rispettivi difensori di sollecitare, ove ne ricorrano le condizioni, la trasmissione degli atti al Pubblico ministero presso il giudice competente. Le indagini preliminari, infatti, sono proprie della fase procedimentale e rimangono esterne al “processo” in senso proprio, sicché il passaggio degli atti da un ufficio di Procura ad un altro non rileva ai fini di un istituto di carattere strettamente processuale qual è quello della competenza. Tanto spiega l’assenza di un’espressa disciplina a regolamentazione della valenza degli atti d’indagine posti in essere dal Pubblico ministero che si riveli non essere quello legittimato, nel corso della dinamica procedimentale, caratterizzata da fisiologica fluidità.

Ciò posto e considerato che la violazione delle regole sulla ripartizione delle attribuzioni tra diversi uffici del Pubblico ministero non determina l’inesistenza della domanda cautelare (che sola priverebbe il giudice investito del potere-dovere di decidere sull’applicazione della misura), deve rilevarsi che, ove pure in astratto dovesse ipotizzarsi l’anzidetta violazione, essa non potrebbe essere oggetto di ricorso per cassazione.