La Corte EDU torna a chiedere chiarimenti all’Italia sulla legittimità delle misure di prevenzione (di Anna D’Alessandro, Giuseppe Manna, Marcello Manna e Mario Pellegrino)

Premessa

L’attuale normativa sulle misure di prevenzione potrebbe violare i diritti dell’uomo riconosciuti dalla CEDU. E il problema potrebbe essere strutturale, sistemico.

È quanto emerge dal provvedimento interlocutorio della prima sezione della Corte EDU nel procedimento n. 16223/22 (comunicato il 27 novembre 2023 e pubblicato il 18 dicembre 2023), che il 4 dicembre scorso ha invitato il Governo italiano a presentare osservazioni, entro marzo 2024, in ordine alla precisione della normativa che individua i destinatari delle misure di prevenzione, nonché alla natura (penale?) della confisca ex art. 24 D. Lgs.159/2011 e al rispetto del diritto di difesa e del principio di proporzionalità.

Questione giuridica

…Il procedimento interno

A.I. è un imprenditore che ha subito un procedimento penale per l’art. 11 del d. lgs 74/2000 ed è stato successivamente condannato per bancarotta.

A seguito dei processi penali, la procura competente ha inteso intraprendere un procedimento di prevenzione teorizzando la “pericolosità fiscale”: l’odierno ricorrente veniva proposto per l’applicazione della misura di prevenzione personale e, contestualmente, veniva richiesto il sequestro per la successiva confisca di tutti i beni dei suoi familiari (mai condannati per alcun reato).

Il Tribunale ha rigettato la richiesta di applicazione della misura di prevenzione personale, disponendo tuttavia contestualmente la confisca dell’intero patrimonio immobiliare della famiglia.

Tale decisione, dopo un tortuoso iter processuale fatto di annullamenti e di accoglimenti di appelli della procura, diveniva definitiva il 5.10.2021 con sentenza n.  36173 dopo che la Cassazione rigettava i ricorsi dei terzi interessati.

…Il ricorso alla Corte europea dei diritti umani

Il procedimento dinanzi alla Corte di Strasburgo prende le mosse proprio dal ricorso avverso il predetto decreto di confisca avente ad oggetto beni immobili per diversi milioni di euro.

Il provvedimento ablativo, si è rappresentato nel ricorso, sarebbe stato adottato sulla base di una normativa che, al tempo delle condotte del proposto, non era sufficientemente chiara.

In particolare il ricorso riguarda una confisca di prevenzione ex art. 24 D. Lgs.159/2011, fondata sulla c.d. “pericolosità generica” del proposto ex art. 1, lett. a) e b), D. Lgs.159/2011 (Codice antimafia).

Il punto nodale è il seguente: fra il 2004 ed il 2008, tempo in cui A. I., il proposto, realizzava le condotte poste a base della confisca, i requisiti legali del provvedimento ablativo non erano delineati con la precisione richiesta dalla CEDU.

E che quei presupposti legali, a quell’epoca, non fossero sufficientemente precisi è stato affermato, senza incertezze, dalla Corte costituzionale.

Poiché l’interferenza nel diritto di proprietà deve essere prevista dalla legge, e dato che, in base alla CEDU, può dirsi “legge” solo quella il cui significato è accessibile e chiaro, la confisca irrogata su presupposti normativi opachi violerebbe i diritti riconosciuti dalla Convenzione.

La questione è tutt’altro che teorica: il deficit di tassatività riguarda una delle fattispecie di pericolosità generica più applicate – “coloro che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose” – e, in base a quanto argomentato nel ricorso, si protrarrebbe per diversi anni. Con la conseguenza che tutte le misure di prevenzione irrogate sulla base della pericolosità generica in esame, in relazione a condotte realizzate fino al 2017, sarebbero incompatibili con la CEDU.

Una vicenda che evoca la nota sentenza De Tommaso ma che, attesa la diversa disposizione censurata, potrebbe avere effetti pratici più estesi.

Tant’è che nella comunicazione preliminare del 27 novembre 2023 (allegata alla fine del post unitamente al provvedimento interlocutorio contenente i quesiti posti alle parti) il presidente della prima sezione della Corte EDU ha qualificato il procedimento come potenziale caso pilota (eventualità, questa, che riguarda una percentuale infinitesimale dei ricorsi presentati), ossia un procedimento, a trattazione prioritaria, suscettibile di mettere a nudo un problema strutturale o sistemico dell’ordinamento dello Stato, tale da dar luogo a una moltitudine di ricorsi analoghi.

Ma il tema della tassatività è solo uno degli interrogativi posti dalla Corte Edu all’attenzione del Governo italiano, chiamato a esprimersi anche sulla possibilità di qualificare come pena la confisca di prevenzione, nonché sulla individualizzazione del giudizio di sproporzione fra beni del proposto e i suoi redditi leciti, sulla gravità della prova relativa alla riconducibilità dei beni ai familiari del proposto, nonché sull’effettività del diritto di difesa nel giudizio di prevenzione.

Si resta in attesa delle deduzioni del Governo italiano.