Il giudice e la fatica del decidere (di Riccardo Radi)

Un avvocato e un magistrato possono avere un rapporto speciale senza frequentarsi.

Magari sembrerà strano ma da più di 30 anni ci lega una amicizia e una stima che non ci permettono di prendere un caffè insieme e tantomeno di frequentarci perché altrimenti contamineremmo questo nostro legame.

Eravamo ragazzi ed ora siamo entrambi canuti e agli ardori e alle passioni abbiamo sostituito la consapevolezza di quanto possa essere effimero l’esistente che entrambi non ci permettiamo mai di giudicare e sta in questo l’essenza della nostra diversità.

Come avvocato, ho il sollievo di non dover giudicare. L’altro è un giudice e questo sollievo non ce l’ha, anzi da decenni porta con sé il peso di dover decidere, lui essere umano, il destino di altri esseri umani e di determinarne la dannazione o la salvezza.

Partiamo da qui ed iniziamo questo articolo che sarà dipanato in più parti, tanti sono i temi che implica.

Il primo è la terzietà del giudicante.

Il giudice deve essere ed apparire terzo ed è proprio per questo che, ridendo, ci siamo chiesti se per prenderci un caffè dobbiamo aspettare che uno dei due abbandoni il rispettivo ruolo.

Possono due persone condividere stati d’animo, parlare delle rispettive difficoltà personali e familiari ma decidere di non frequentarsi assolutamente?

Alla domanda retorica rispondiamo entrambi di sì, proprio per il rispetto e per non mettere in difficoltà il rapporto di amicizia e stima.

Fatta la breve premessa ritorniamo sul concetto di terzietà del giudice che aveva accompagnato l’introduzione dell’articolo 111 della Costituzione.

Uno stralcio della conversazione intrattenuta.

È giunta l’ora di mettere mano al tema della terzietà del giudice, che dici?

Caro Riccardo non è con le norme che si garantisce la terzietà o l’imparzialità ma è con i comportamenti quotidiani. Un giudice imparziale deve anche apparire tale”.

Quindi dobbiamo abbandonare ogni speranza di modificare la normativa esistente e lasciare al singolo magistrato il dovere di apparire ed essere terzo? Ci arrendiamo così senza provare a combattere?

Ti ricordo che l’imparzialità, corrisponde alle nozioni di «terzietà», «neutralità», «sopra le parti».

L’esistenza di imparzialità deve essere determinata secondo un test soggettivo, cioè in base alle convinzioni personali di un particolare giudice in un dato caso, e anche secondo un test oggettivo, cioè accertando se il giudice offra garanzie sufficienti per escludere ogni legittimo dubbio a questo riguardo.

L’imparzialità del giudice dovrebbe essere quella del noto principio del diritto inglese secondo cui «justice must not only be done: it must be seen to be done».

Le apparenze hanno una determinata importanza, per cui «non solo si deve fare giustizia, ma si deve anche vedere che è stata fatta giustizia»

Belle parole ma in concreto significa che l’imputato deve affidarsi alla Dea Fortuna e pregare, se credente, di incontrare una primula nell’arido mondo della magistratura?

Sei rimasto tale e quale a quando ci siamo conosciuti, ti piace sempre la battuta.

Affidarsi … perché no?

Non ti credere, non siamo pochi a sentire il peso della decisione.

Passano gli anni e ogni volta mi chiedo … ho considerato e ponderato tutto ma proprio tutto?

La mia sentenza è veramente giusta? Penso sempre che fortunatamente c’è l’appello”

Beh veramente c’era l’appello ora tutti i processi dei disgraziati di turno senza avvocato di fiducia sono destinati a concludersi in primo grado.

Questa novità mi turba e mi spinge ad essere ancora più accorto nella mia decisione. Spero che il legislatore provveda ad una modifica ed intanto esercito con attenzione e maggior scrupolo l’esercizio della giurisdizione davanti alla violenza della legge.

In camera di consiglio rifletto e ci metto l’anima oltre che le conoscenze giuridiche

Allora raccontami l’ultimo patema d’animo in camera di consiglio.

Guarda che non mi freghi, non posso parlarti di un caso specifico che ho giudicato e tu ci provi sempre ma ti racconto che credo che il processo sia già una pena e che la persona che devo giudicare ha il diritto ad un giudizio giusto e sereno e deve sentire che il giudice ascolti tutto e tutti con la medesima attenzione”.

Senti, novello San Francesco in toga, ma a proposito del bavaglio alla stampa per il divieto di pubblicare l’ordinanza di custodia cautelare che dici?

“Penso sia giusto e ti dico che recentemente la RAI mi ha chiesto l’autorizzazione a filmare la fase finale di un processo con la relativa lettura del dispositivo.

Naturalmente ho rigettato la richiesta per il semplice motivo che la semplice diffusione del video avrebbe comportato una esposizione dell’imputato a prescindere dall’esito del giudizio”

Per curiosità quale è stato l’esito del giudizio?

“Aridanga, ma ci provi sempre. No comment.

(segue …)