Travisamento della prova come errore percettivo (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 26803/2023, udienza del 16 marzo 2023, ha ricordato che il travisamento della prova (contraddittorietà della motivazione risultante da atti del processo specificamente indicati) è configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; il relativo vizio ha natura decisiva solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758 – 01; Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Rv. 257499).

Il travisamento della prova, consiste, dunque, in un errore percettivo (e non valutativo) della prova stessa tale da minare alle fondamenta il ragionamento del giudice ed il sillogismo che ad esso presiede. In particolare, consiste nell’affermare come esistenti fatti certamente non esistenti ovvero come inesistenti fatti certamente esistenti.

Il vizio rende la motivazione insanabilmente contraddittoria con le premesse fattuali del ragionamento così come illustrate nel provvedimento impugnato, una diversità tale da non reggere all’urto del contro-giudizio logico sulla tenuta del sillogismo.

Il vizio è perciò decisivo quando la frattura logica tra la premessa fattuale del ragionamento e la conclusione che ne viene tratta è irreparabile.

Come ribadito in motivazione da Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, n.m. sul punto, il travisamento della prova sussiste quando emerge che la sua lettura sia affetta da errore “revocatorio”, per omissione, invenzione o falsificazione. In questo caso, difatti, la difformità cade sul significante (sul documento) e non sul significato (sul documentato).

Nel caso di specie, viene “offerta” in produzione la voltura di una concessione demaniale marittima dalla quale si dovrebbe ricavare l’informazione certa e incontrovertibile della legittimità delle opere indicate come abusivamente realizzate.

Sennonché, l’informazione probatoria contenuta nel provvedimento allegato al ricorso non è dotata di autoevidenza se è vero che lo stesso ricorrente ha avuto necessità di illustrarne il contenuto ed il significato richiamando le dichiarazioni testimoniali dell’Arch. xxx e dell’Arch. yyy che però, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non sono state allegate.

Dunque, più che di errore percettivo, si tratta di errore valutativo, non deducibile in sede di legittimità mediante l’allegazione diretta del mezzo di prova.