L’applicabilità dell’articolo 131 bis c.p. non può essere esclusa sulla base dei reati commessi successivamente al fatto per cui si procede (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 43941/2023 ha stabilito che in tema di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, la condotta susseguente al reato, per effetto delle modifiche all’art. 131-bis cod. pen. introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, costituisce elemento suscettibile di valutazione negativa ai fini della applicabilità dell’esimente nel caso in cui determini un aggravamento dell’offesa, non rilevando invece comportamenti successivi sol perché espressivi di capacità a delinquere.

La Suprema Corte rileva che nel giudizio della Corte di merito, valenza centrale, ai fini del diniego di applicazione della causa di non punibilità, ha assunto il requisito di abitualità della condotta illecita, giudizio espresso anche sulla base dei precedenti penali dell’imputato che, come rilevato dal difensore e come riscontrabile dal certificato penale agli atti del giudizio di appello, sono relativi a fatti successivi a quello per cui si procede.

La valutazione della Corte di appello, nella parte in cui ha valorizzato tali condanne, si pone in contrasto con la giurisprudenza più risalente della cassazione secondo cui, ai fini dell’apprezzamento della condizione della non abitualità della condotta, non assumevano rilievo i comportamenti successivi alla commissione del reato (Sez. 3, n. 2216 del 22/11/2019, Rv. 278391), poiché la disposizione di cui all’art. 131-bis cod. pen. correla l’esiguità del disvalore ad una valutazione congiunta delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esso desumibile, dell’entità del danno o del pericolo, da apprezzare in relazione ai soli profili di cui all’art. 133, comma 1, cod. pen. e non invece con riguardo a quelli indicativi della capacità a delinquere, di cui al comma 2 dell’art. 133 cod. pen., includenti la condotta susseguente al reato.

La Corte di appello, in ragionato confronto critico con le modalità dei fatti e con il complessivo giudizio sulla personalità dell’imputato, ai fini del giudizio di particolare tenuità dell’offesa e dell’abitualità dovrà pertanto riesaminare il punto concernente il diniego di applicazione della causa di non punibilità, essendo state erroneamente ritenuti “precedenti” a carico dell’imputato condanne intervenute per fatti successivi.

Per completezza va rilevato che il vigente art. 131-bis cod. pen., per effetto delle modifiche apportate con d. lgs. n. 150 del 2022 entrato in vigore il 31 dicembre 2022 (quindi prima della decisione oggetto del presente ricorso), prescrive di valutare anche la condotta successiva dell’imputato.

La giurisprudenza della Suprema Corte ha precisato che la condotta susseguente al reato costituisce elemento suscettibile di valutazione nell’ambito del giudizio sulla sussistenza delle condizioni per la concreta applicabilità dell’esimente, rilevando ai fini dell’apprezzamento dell’entità del danno, ovvero come possibile spia dell’intensità dell’elemento soggettivo (Sez. 3, n. 20279 del 21/03/2023, Rv. 284617; Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Rv. 284497).

Anche le Sezioni Unite (SS.UU., n. 18891 del 27/01/2022, Ubaldi, Rv283064), nelle more dell’entrata in vigore del d. lgs. 150 e sulla base delle disposizioni dettate nella legge delega (art. 1, comma 21, L. 27 settembre 2021, n. 134) avevano chiarito che i comportamenti successivi, al pari degli altri indicatori, ben possono «integrare nel caso concreto un elemento suscettibile di essere preso in considerazione nell’ambito del giudizio di particolare tenuità dell’offesa, rilevando ai fini dell’apprezzamento della entità del danno, ovvero come possibile spia dell’intensità dell’elemento soggettivo».

Sulla scorta di queste precisazioni è evidente che, nell’ambito dei parametri che congiuntamente il giudice di merito deve esaminare ai fini del giudizio di particolare tenuità dell’offesa, la condotta susseguente al reato non viene in considerazione come indice della capacità a delinquere dell’agente, consentendo, così, di valorizzare condanne intervenute per altri fatti-reato successivi, bensì quale criterio che, nell’ambito di una valutazione complessiva, può incidere sulla valutazione del grado dell’offesa al bene giuridico tutelato, concorrendo a delineare un’offesa di particolare tenuità.

Tale impostazione riconduce dunque i requisiti dell’esiguità del danno o del pericolo e delle modalità della condotta, compresa quella successiva al reato, a elementi che attengono sempre al disvalore oggettivo del fatto e che focalizzano lo sguardo sul grado di lesione o esposizione a pericolo del bene giuridico tutelato, secondo l’efficace descrizione contenuta nella legge delega.

Con maggiore chiarezza deve, dunque, essere affermato che la condotta susseguente al reato, per essere valutata negativamente ai fini dell’applicazione della non punibilità ex art. 131-bis cod. pen., deve incidere effettivamente sull’offesa, aggravandola, mentre dovranno ritenersi inconferenti rispetto al giudizio sull’entità dell’offesa comportamenti successivi che si limitino a manifestare la capacità a delinquere.