Non punibilità per particolare tenuità del fatto: preclusa in cassazione se il ricorso è inammissibile (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 3 con la sentenza numero 34144/2023 ha stabilito che se è vero che l’inammissibilità del ricorso non è ostativa al riconoscimento, anche in questa sede, della predetta causa di non punibilità (cfr. da ultimo Sez. 4, n. 9466 del 15/02/2023, Rv. 284133 – 01), è anche vero che l’accoglimento della richiesta appare precluso dall’assoluta genericità delle deduzioni difensive sul punto.

La Suprema Corte premette che il nuovo art. 131-bis, cod. pen., come modificato dall’art. 1, c. 1, lett. c), n. 1), d. lgs. n. 150/2022, prevede l’applicabilità generalizzata dell’istituto a tutti i reati puniti con pena minima pari o inferiore a due anni.

Cade, dunque, ogni riferimento al limite massimo della pena edittale.

Cosicché, ferme restando le eccezioni previste dalla norma, il nuovo istituto potrà trovare applicazione rispetto a un numero più ampio di reati, tra i quali, per esempio, i furti aggravati che, in larga parte, sono oggi diventati punibili a querela ad opera della stessa riforma e, tra le novità, con specifico riferimento ai parametri di valutazione, va segnalata anche quella che consente al giudice di considerare la condotta susseguente al reato.

La norma è entrata in vigore il 30 dicembre 2022, giusto disposto dell’art. 6 del d.l. n. 162/2022. Sulla natura della norma in esame soccorre il diritto vivente: l’istituto ha natura sostanziale ed è applicabile, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del d. lgs. 16 marzo 2015, n. 28, anche ai procedimenti pendenti davanti alla Corte di cassazione e – solo per questi ultimi – la relativa questione, in applicazione degli artt. 2, c. 4, cod. pen. e 129, cod. proc. pen., è deducibile e rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 609, c. 2, cod. proc. pen., anche nel caso di ricorso inammissibile (Sez. U, n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266593-01, in cui, in motivazione, la Corte ha specificato che, invece, ove non si discuta dell’applicazione della sopravvenuta legge più favorevole, la inammissibilità del ricorso preclude la deducibilità e la rilevabilità d’ufficio della questione).

Ne discende che la norma, come novellata, troverà applicazione anche ai fatti di reato commessi prima dell’entrata in vigore della riforma, in ossequio alla regola generale di cui all’art. 2, c. 4, cod. pen., siccome legge più favorevole rispetto a quella previgente.

La relativa questione, pertanto, ove non proponibile con il gravame o nel corso del giudizio di appello, sarà deducibile e rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 609, c. 2, cod. proc. pen. e, se la Corte di cassazione ne riconosce la sussistenza, potrà dichiararla anche d’ufficio ai sensi dell’art. 129, c. 1, cod. proc. pen., annullando senza rinvio la sentenza impugnata a norma dell’art. 620, c. 1, lett. i) cod. proc. pen. (sul punto, sempre Sez. U, n. 13681/2016, Tushaj, cit.).

Tuttavia, nella specie non sussistono le condizioni per addivenire ex officio a una pronuncia demolitoria da parte della cassazione.

Il tema non ha formato oggetto di trattazione nel giudizio di merito e, pertanto, dalla sentenza non è dato rilevare alcun elemento al quale possa essere agganciata la relativa valutazione.

Dal canto suo, parte ricorrente, che ne ha comunque l’onere (pena la genericità del ricorso ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 581, c. 1, lett. d) e 591, c. 1, lett. c), cod. proc. pen.), ha omesso ogni allegazione sul punto, essendosi limitata a richiamare le condizioni di astratta operatività dell’istituto (natura sostanziale della norma novellata e abbassamento delle preclusioni ricollegate alla forbice edittale), ma non anche quelle in fatto e in diritto che giustifichino, nel caso concreto, una valutazione nel senso sollecitato.

Sul punto, soccorre ancora una volta il diritto vivente, allorquando richiama l’interprete a sindacare, in primo luogo, la specificità intrinseca, ancor prima che quella estrinseca, dell’atto di impugnazione che richiede, per l’appunto, che essa non si articoli attraverso doglianze del tutto generiche o astratte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, in motivazione).

Ciò che è avvenuto nella specie, essendosi il ricorrente limitato alla richiesta senza correlarla ad alcun elemento in fatto e in diritto.

Non siamo d’accordo e il punto rimane sempre lo stesso, il potere illimitato del giudice di legittimità e la possibilità di creare figli e figliastri.

Il suo effetto è stato l’auto-attribuzione al giudice di legittimità di un potere illimitato che è stato usato senza risparmio tanto che da anni ben sette ricorsi su dieci sono dichiarati inammissibili.

Non pochi autorevoli studiosi hanno iscritto questa tendenza nel contesto della cosiddetta “giurisprudenza difensiva”, espressione con la quale si designa la sempre più vasta fenomenologia di indirizzi interpretativi che frappongono sempre nuove (e non sempre giustificate) barriere tra la Cassazione e il giudizio.