Aldilà di ogni ragionevole dubbio… (di Francesco Buonomini)

Sembra l’inizio di una favola col cantastorie che intona “A mille ce n’è in un mondo di fiabe da narrar… e inizia così: c’era una volta il ragionevole dubbio che Tizio (ve lo ricordate Tizio l’amico di Caio e Sempronio, ora invece hanno nomi moderni sbattuti in prima pagina) fosse innocente o almeno che non fosse colpevole, forse meglio.

Tutto partiva da quell’impolverato articolo 27 della Costituzione, questa sconosciuta,  che forse in modo un po’ utopistico declama che l’imputato non è considerato colpevole fino a condanna definitiva.

Ebbene, oggi con la politica delle strette preventive e cautelari, con l’anticipazione della risposta repressiva sin dalla notizia di reato appena nata ancora in fasce, siamo sicuri che quel dubbio che dovrebbe albergare in ogni procedimento non si dissolva come neve al sole?

Siamo sicuri che la prospettiva della presunzione non si sia rovesciata e che quel dubbio sopravviverà sino ad arrivare nel processo e a resistere in una sentenza?

Ecco l’unico vero dubbio che resiste è questo: la comparazione ed il bilanciamento di interessi contrapposti, sicurezza e libertà, repressione dei reati e garanzie del giusto processo, viene operata cum grano salis

Dubito che un soggetto protagonista di una notitia criminis per un reato inserito nell’alveo recentemente esteso del Codice Rosso possa evitare un marchio indelebile e affrontare un giudizio con quel beneficio del dubbio che gli é dovuto.

Indiscutibile che la necessità di intervenire tempestivamente ed efficacemente in molti casi può salvare delle vittime e anche delle vite ma il rischio delle reti a maglie troppo fitte é sempre quello che vi rimangano impigliati anche pesciolini che sono capitati lì per sbaglio.

L’attenzione alla repressione preventiva e cautelare e alla protezione della vittima denunciante é massima e per lo più giustificata da esigenze di sicurezza ma l’attenzione e la cautela in merito alla genuinità delle accuse e alle possibilità di difesa del soggetto accusato appare davvero ai minimi termini.

Da più parti si auspica anche la previsione di una difesa tecnica obbligatoria per le persone offese con la nomina di un avvocato sin nella fase primordiale della denuncia. Orbene, non si rischia in tal modo di inquinare la genuinità del narrato? C’è davvero bisogno di un avvocato retribuito col patrocinio gratuito dallo Stato in una fase in cui si sta costruendo l’ipotesi accusatoria mentre l’accusato é totalmente privo di difese?

L’apparato di emergenza che si attiva col lampeggiante rosso appare ben equipaggiato al punto da stritolare ogni dubbio sulla colpevolezza ma rischia di correre anche talmente veloce sulle corsie preferenziali proceduralmene e processualmente riservategli, che quel dubbio non ha proprio il tempo di porselo.

Ebbene, l’esperienza e la storia giudiziaria hanno insegnato che in più di un’occasione il meccanismo inquisitorio ha sbagliato e il dubbio ha evitato un altro tipo di vittime con errori giudiziari, mai realmente riparabili.

Senza ipocrisie non può non constatarsi che non sempre le cose stanno cone sembrano e che la presunzione troppo spesso lavora al contrario rispetto al dettato costituzionale.

Siamo sicuri che residui davvero uno spiraglio difensivo in casi come questi?

Quanto prezzo di libertà siamo disposti a pagare in cambio di sicurezza?

Molto modestamente, Dubito ergo sum.