No della Cassazione al “cumulo indiscriminato e globale” delle pene (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 47799/2023, udienza camerale del 23 giugno 2023, ha compiuto un’opera di chiarimento riguardo al cumolo materiale e al cumulo giuridico delle pene ad ed ai relativi incroci.

No alla cumulabilità indiscriminata e globale, sì ai cumuli parziali

L’esegesi di legittimità ha espresso il principio per cui «In presenza di reati commessi in tempi diversi e di periodi di carcerazione sofferti parimenti in tempi diversi, non può essere eseguito un cumulo unitario e globale, soggetto ai limiti dell’art. 78 cod. pen., ma vanno ordinati cronologicamente, da una parte i reati e dall’altra i periodi ininterrotti di carcerazione; indi si deve procedere ad operazioni successive, detraendo ogni periodo dal cumulo (parziale) delle pene per i reati commessi in precedenza, fino al cumulo definitivo, ed applicando il criterio di cui all’art. 78 citato, nell’ambito di ogni singolo cumulo parziale.

Ne consegue che non è consentita una cumulabilità indiscriminata e globale, la quale comporterebbe inevitabilmente l’imputazione di periodi di carcerazione anteriori a pene irrogate per reati commessi successivamente, in palese violazione del principio secondo cui la pena non può precedere il reato e così incoraggiarne, anziché frenarne, la reiterazione» (Sez. 1, n. 2020 del 07/05/1992, Rv. 192016). Ciò è stato ribadito nella sentenza di Sez. 1, n. 3923 del 08/10/1992, Rv. 192443, laddove si è specificato che non è possibile includere tutte le pene in un cumulo indiscriminato e globale, soggetto alle limitazioni dell’art. 78 e alla successiva unitaria e globale detrazione del presofferto, quando si sia in presenza di reati diversi e di periodi di carcerazione parimenti sofferti in tempi diversi, e in particolare allorché il nuovo reato sia stato commesso durante l’espiazione del cumulo precedente o comunque prima della totale espiazione del cumulo stesso.

In queste ultime ipotesi si deve unificare il residuo del cumulo precedente con la pena inflitta per il nuovo reato, dalla cui data di commissione (o dalla data del successivo arresto, se il reato non è stato commesso in corso di detenzione) ha inizio l’espiazione così unificata: mentre l’art. 78 cod. pen. esplica la sua efficacia sull’ambito e nei limiti di ciascuna operazione di cumulo.

Favor rei e possibilità di scioglimento del cumulo giuridico

Non risulta dall’impugnata ordinanza in quale ambito e tipo di cumulo si inserisca la condanna alla pena di mesi sei di arresto, che risulta l’unica di specie diversa in aggiunta ad una pena della reclusione per complessivi anni ventitré e mesi otto, derivanti da una serie di condanne per delitti ex art. 640 cod. pen. Trattasi di una indicazione necessaria a collocare la pena dell’arresto nell’appropriato cumulo parziale, nel cui ambito opererà l’art. 78 cod. pen.

Si osserva, peraltro, che anche in detta prospettiva è possibile invocare il principio del favor rei, che presiede alla generale possibilità di scioglimento del cumulo giuridico, in presenza di istituti che, ai fini della loro applicabilità, richiedano la separata considerazione dei titoli di condanna e delle relative pene, considerato che il cumulo delle pene costituisce un beneficio per il condannato, e tale deve permanere in tutta la fase esecutiva (principio finora declinato in tema di scindibilità del cumulo tra reati ostativi e reati non ostativi, ai fini dell’accesso ai benefici penitenziari: Sez. 1, n. 4060 del 12/06/1996, Rv. 205613; Sez. 5, n. 40846 del 20/09/2004, Rv. 230122; Sez. 1, n. 15954 del 18/03/2009, Rv. 243316).

Tale tradizionale insegnamento giurisprudenziale è stato elaborato nel solco della sentenza della Corte costituzionale n. 361 del 19 luglio 1994, e permea l’intero rapporto esecutivo.

Invero, si è rilevato che «… Diversamente, infatti, si verrebbe a far dipendere l’applicazione di un trattamento deteriore dalla sola eventualità, del tutto casuale, di un rapporto esecutivo unico in luogo

di più rapporti scaturenti dall’esecuzione delle singole condanne, con l’ulteriore incongruenza che, nel caso di cumulo giuridico, questo, concepito soltanto per temperare l’asprezza del cumulo materiale, verrebbe a tradursi invece in un danno per l’interessato» (Sez. 1, n. 2529 del 26/03/1999, Rv. 213354).

Ed è proprio questo l’aspetto che il ricorrente, con fondamento, sottolinea.

Cumulo materiale di pene detentive di specie diversa

A questo proposito, osserva la Corte che l’art. 74 cod. pen. disciplina il cumulo materiale relativo al concorso di reati che importano pene detentive di specie diversa, stabilendo che “1. Se più reati importano pene temporanee detentive di specie diversa, queste si applicano tutte distintamente e per intero. 2. La pena dell’arresto è eseguita per ultima”.

Il primo comma dell’art. 74 cod. pen. declina, dunque, una ulteriore regola generale del cumulo materiale (che si aggiunge a quelle di cui all’art. 73, comma 1 e 3, cod. pen.), in forza della quale, quando concorrono pene della reclusione e pene dell’arresto, il giudice non si limita a stabilire la pena per ciascun reato ma le applica tutte, distintamente (ossia «una per una»: e ciononostante dette pene si dovranno considerare, salvo eccezioni, ancora pena unica della specie più grave: cfr. art. 76, comma 2, cod. pen.) e per intero (ma osservando, come sarà più chiaro in seguito, il limite massimo dell’art. 78, secondo comma, stesso codice).

…e relative regole di calcolo

Quest’ultima disposizione prevede, appunto, i limiti massimi per l’ipotesi di concorso di reati che si traduca in concorso di pene detentive di specie diversa.

Ne consegue che, quando si devono infliggere più pene della reclusione e dell’arresto (evidentemente per il concorso di delitti e di contravvenzioni), il giudice procede al cumulo osservando dapprima il quintuplo della reclusione più grave e dell’arresto più grave «all’interno» di ciascuna delle due specie di pena (art. 78, comma primo, cod. pen.) ma, in ogni caso, non può applicare una pena superiore ai trent’anni (art. 78, comma secondo, cod. pen.).

Pena dell’arresto assorbita ove quella della reclusione abbia raggiunto il limite di 30 anni

La detrazione dall’arresto della parte di pena eccedente è intesa a prolungare il più possibile l’esecuzione della specie più grave di pena, cioè la reclusione (e quando già la reclusione raggiungesse i trent’anni, la pena dell’arresto deve considerarsi assorbita).

Sul punto, si è già espressa la giurisprudenza di legittimità quando ha affermato che la norma contenuta nel secondo comma dell’art. 78 cod. pen. costituisce, accanto a quella del primo comma, una ulteriore ipotesi di cumulo giuridico, per effetto del quale anche in caso di concorso di pene detentive di specie diversa, la pena complessiva non può superare gli anni trenta.

Pertanto, nel caso di cumulo delle pene della reclusione e dell’arresto, ove il predetto limite sia già raggiunto dalla reclusione, la pena dell’arresto deve ritenersi in essa assorbita (Sez. 1, n. 341 del 26/02/1981, Rv. 149148).

Fermi tali principi, siccome nel caso di specie la pena della reclusione ammonta a ventitré anni, è dunque errato il presupposto interpretativo dal quale parte il giudice dell’esecuzione, perché l’art. 78 cod. pen. si limita a temperare il cumulo materiale per il concorso di pene derivante da un concorso di reati, con la conseguenza che le singole pene (sia nel caso di concorso di pene temporanee della stessa specie e sia nel caso di concorso di pene temporanee di specie diversa) devono essere individuate dal giudice per ciascun reato ed entrambi i limiti, quello proporzionale (del quintuplo) e quello fisso (trenta anni), operano poi sul presupposto che siano previamente stabilite non solo la pena più grave, ma anche le altre pene per ognuno dei reati concorrenti.

Ragionando diversamente, si perverrebbe a conclusioni assurde, che conforterebbero l’eccezione di legittimità costituzionale adombrata dal ricorrente, perché si consentirebbe al criterio proporzionale (del quintuplo) di operare nel caso di concorso di pene della stessa specie, il cui cumulo materiale sia superiore a quello derivante dal concorso di pene di specie diversa, al quale sarebbe riservata esclusivamente l’applicazione del criterio fisso di sbarramento, cosicché, nonostante un minore carico sanzionatorio, la pena in concreto da espiare sarebbe, in siffatta ipotesi, maggiore, salvo il limite degli anni trenta.