Concordato in appello: se l’accordo non prevede la pena sostitutiva il giudice non può applicarla d’ufficio (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 43980/2023, udienza del 26 ottobre 2023, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato nell’interesse di un’imputata che, dopo avere chiesto e ottenuto il concordato in appello, ha lamentato l’omessa presa in considerazione della possibilità di applicarle una pena sostituiva.

Il collegio decidente ha rilevato anzitutto che l’art. 1, comma 1, lett. a), d. lgs. n. 150/2022 ha introdotto l’art. 20-bis del cod. pen. (“Pene sostitutive delle pene detentive brevi”), collocandolo nel Titolo II (“Delle pene”), al Capo I (“Delle specie di pene in generale”), dopo la disciplina generale delle pene principali e delle pene accessorie.

Scopo della novella è stato quello di introdurre le pene sostitutive nel sistema delle pene di cui alla parte generale del codice, creando un raccordo con la disciplina delle stesse pene sostitutive, prevista dalle disposizioni della legge n. 689 del 1981, a loro volta riformulate dall’art. 71 del d.lgs. n. 150/2022.

In base alla disciplina transitoria introdotta dallo stesso legislatore delegato, inoltre, «Le norme previste dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, se più favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore del presente decreto», vale a dire al 30 dicembre 2022 per quanto previsto dall’art. 99-bis del d.lgs. 150/22, inserito dall’art. 6 del d.l. n. 162/2022, convertito con modificazioni dalla L. n. 199/2022. In tali ipotesi, dunque, sarà applicabile anche l’art. 545-bis, cod. proc. pen. (a sua volta introdotto dall’art. 31, comma 1, d. lgs. n. 150/2022), che, al primo comma, recita: «Quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti».

Nella specie, il procedimento è stato definito in appello con accoglimento del concordato sulla pena e rinuncia ai motivi inerenti alla penale responsabilità. Non risulta, né parte ricorrente lo allega in ricorso, che sia stata formulata richiesta di sostituzione della pena detentiva nel patto ratificato e neppure che la parte, che ne aveva la facoltà, abbia formulato detta richiesta a verbale d’udienza.

L’art. 58 della L. n. 689/1981 (“Potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive”), a sua volta sostituito dall’art. 71, comma 1, lett. f), d. lgs. n. 150/2022, al primo comma stabilisce che «Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 c.p., se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato».

Tale essendo il quadro normativo di riferimento, deve intanto osservarsi che la sostituzione della reclusione con una pena sostitutiva non costituisce un diritto dell’imputato, al quale corrisponde, dunque, un obbligo del giudice di pronunciarsi, dovendosi ribadire il principio già formulato dal diritto vivente in materia di “sanzioni sostitutive” disciplinate dall’originario art. 53 L. n. 689/1981.

Sul punto, infatti, si è già chiarito che il giudice di appello non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi se nell’atto di appello non risulta formulata alcuna specifica e motivata richiesta con riguardo a tale punto della decisione, dal momento che l’ambito di tale potere è circoscritto alle ipotesi tassativamente indicate dall’art. 597, comma quinto, cod. proc. pen., che costituisce una eccezione alla regola generale del principio devolutivo dell’appello e che segna anche il limite del potere discrezionale del giudice di sostituire la pena detentiva previsto dall’art. 58 della legge n. 689 del 1981 (Sez. U, n. 12872 del 19/1/2017, Punzo, Rv. 269125-01; sez. 1, n. 15293 del 8/4/2021, Rv. 281064-01, in cui il principio è stato implicitamente ripreso, riconoscendosi che la richiesta di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria ai sensi dell’art. 53 L. n. 689/1981 può essere proposta per la prima volta anche in appello, in quanto non ricorre nessuna norma che vieta di avanzare tale istanza solo in secondo grado).

Sotto altro profilo, va poi considerato che oggetto dell’accordo di cui alla richiesta di applicazione della pena può essere anche la pena sostituita, giusto il disposto di cui all’art. 444, comma 1, cod. proc. pen., come modificato dall’art. 25, comma 1, lett. a), n. 1, d. lgs. n. 150/2022. Ne consegue che la sentenza che recepisce detto accordo non può disattenderne il contenuto, nel quale non sia fatta menzione della sostituzione della pena detentiva (sez. 5, n. 15079 del 18/3/2011, Rv. 250172-01, in cui si è affermato, sia pur in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, che il giudice non può sostituire di ufficio la pena detentiva con le sanzioni sostitutive, in assenza di una esplicita richiesta delle parti, poiché altrimenti la decisione del giudice sarebbe difforme dalla richiesta, in fattispecie nella quale, in sede di patteggiamento, il giudice aveva convertito la pena detentiva in quella pecuniaria della multa e concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena).

Trattasi di principio valido anche con riferimento al concordato in appello, stante la comune base negoziale dei due istituti.

Nella specie, le parti non hanno inserito tale previsione nell’accordo, invero non risultando neppure che parte ricorrente abbia formulato, pur potendolo fare, in virtù della norma transitoria di cui all’art. 95, d. lgs. n. 150/2022, alcuna richiesta in tal senso all’udienza di discussione. Cosicché non può ritenersi alcun obbligo del giudice d’appello di pronunciarsi sul punto specifico, né di motivare circa l’insussistenza dei presupposti per la sostituzione della reclusione con una delle nuove pene elencate nell’art. 20-bis, cod. pen.