Opposizione alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, questa sconosciuta (di Francesco Buonomini)

L’esigenza di approfondimento della fattispecie in oggetto nasce durante il viaggio nel diritto vivente di tutti giorni e, in particolare, da un caso concreto che ha visto il GIP presso il Tribunale di Velletri accogliere l’opposizione dell’indagato (rectius, del sottoscritto difensore munito di procura speciale) avverso la richiesta di archiviazione per difetto di punibilità ex art. 131 bis c.p. di un procedimento penale in cui veniva contestato il reato di evasione.

Mi sono permesso di aggettivare come “sconosciuta” o quasi, questa procedura sia per la pressoché nulla utilizzazione nella mia esperienza professionale sia a seguito di confronti con più colleghi.

Questa breve indagine, ovviamente non scientificamente fondata, mi ha portato alla conclusione che l’istituto sia poco utilizzato nonostante col comma 1-bis aggiunto all’art. 411 cpp dall’art. 2, comma 1, lett. b), d. lgs. 16 marzo 2015, n. 28, il legislatore l’abbia introdotto oltre otto anni orsono.

A rafforzare tale conclusione anche la ricerca giurisprudenziale che non ha prodotto molti risultati, segno che la giurisprudenza è stata poco sollecitata sul punto nel corso degli anni.

I motivi di tale mancato utilizzo possono identificarsi, a mio modo di vedere, in tre tipologie.

Il primo è di tipo pratico: spesso e volentieri la definizione del procedimento in fase di indagini preliminari con una pronuncia ex art. 131-bis cp è considerata, mi si passi il termine poco forbito, “grasso che cola” per l’indagato nel comprensibile senso che più di così non si potrebbe ottenere e, di conseguenza, nessun vantaggio pratico e/o giuridico ne deriverebbe all’interessato.

Il secondo è di tipo procedurale: la previsione che la notifica della richiesta di archiviazione ex art. 131-bis cp debba essere effettuata, oltre che alla persona offesa, esclusivamente all’indagato a prescindere che lo stesso abbia o meno nominato un difensore di fiducia, comporta spesso, per ovvi motivi legati ad ignoranza della legge processuale, alla non piena comprensione dell’atto ovvero a mera superficialità, la decorrenza dello stretto termine di 10 giorni previsto per la proposizione dell’opposizione.

Il terzo e ultimo motivo è legato all’insufficienza della previsione normativa con riguardo agli esiti dell’eventuale opposizione dell’indagato che, conseguentemente, crea incertezza nell’operatore del diritto che si trova a dover consigliare l’assistito nella scelta tra la certa definizione del procedimento a suo carico con l’archiviazione e l’incerto esito di un’eventuale opposizione.

A ben vedere, infatti, l’art 411, comma 1-bis, cpp, recita letteralmente: Se l’archiviazione è richiesta per particolare tenuità del fatto, il pubblico ministero deve darne avviso alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa, precisando che, nel termine di dieci giorni, possono prendere visione degli atti e presentare opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta. Il giudice, se l’opposizione non è inammissibile, procede ai sensi dell’articolo 409, comma 2, e, dopo avere sentito le parti, se accoglie la richiesta, provvede con ordinanza. In mancanza di opposizione, o quando questa è inammissibile, il giudice procede senza formalità e, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato. Nei casi in cui non accoglie la richiesta il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero, eventualmente provvedendo ai sensi dell’articolo 409, commi 4 e 5.

Dalla lettera della norma sembrerebbero possibili solo i seguenti esiti: in caso di opposizione ammissibile, sentite le parti in udienza, il Gip può con ordinanza accogliere ovvero non accogliere la richiesta di archiviazione restituendo gli atti al PM ed eventualmente provvedendo a disporre nuove indagini ovvero imponendo l’imputazione coatta ai sensi dei commi 4 e 5 dell’art. 409 cpp.

Nel caso di opposizione inammissibile gli esiti sono i medesimi ma il provvedimento sarà preso nelle forme del decreto.

Dalla lettera della norma non sembrerebbe possibile un provvedimento del GIP che disponga l’archiviazione per ragioni diverse da quelle dedotte dal PM.

Sembrerebbe che il legislatore si sia concentrato solo sui possibili esiti dell’opposizione proposta dalla persona offesa che ha tutto l’interesse a che il GIP disponga nuove indagini o, ancora meglio, imponga l’imputazione coatta al PM.

In realtà, la piena facoltà concessa all’indagato di opporsi alla declaratoria di irrilevanza esprimendo a pena di inammissibilità le ragioni del proprio dissenso fa ritenere che, sebbene non esplicitati, siano possibili esiti diversi che prevedano un provvedimento di archiviazione più ampio e liberatorio con la motivazione di infondatezza della notitia criminis.

In altre parole, appare possibile un’opposizione non all’archiviazione sic et simpliciter ma a quel tipo di archiviazione.

Se così non fosse l’opposizione da parte dell’indagato comporterebbe troppi rischi che difficilmente verrebbero corsi alla stregua di quanto accade con l’inusitato istituto della rinuncia alla prescrizione.

Sul piatto della bilancia la definizione per irrilevanza del fatto peserebbe molto di più rispetto all’alea del giudizio con le prevedibili conseguenze anche in termini di spesa emotiva ed economica.

Se sono chiari i motivi per cui la persona offesa ha interesse ad opporsi all’archiviazione, per quanto concerne l’indagato il suo interesse ad ottenere l’archiviazione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato deriva dai seguenti fattori: l’iscrizione nel casellario giudiziale sebbene con la non menzione; l’ostacolo alla concessione di un secondo provvedimento di declaratoria ex art 131-bis cp; la considerazione che la particolare tenuità del fatto potrebbe non escludere eventuali responsabilità civili ai sensi dell’art. 651 bis cpp che però si riferisce alle sentenze irrevocabili; possibili ripercussioni pregiudizievoli per i permessi di soggiorno dei cittadini stranieri.

Del resto, come tutte le pronunce che attestano la cd irrilevanza del fatto il presupposto fondamentale è che il fatto reato sia stato accertato ma venga considerato lieve e il colpevole per motivi anche soggettivi può non essere punito.

Mentre all’esito del giudizio assume la qualità di condizione di non punibilità nella fase delle indagini preliminari è una condizione di improcedibilità ma sempre l’accertamento del fatto reato, seppur lieve, presuppone.

Non opponendo l’archiviazione, quindi, l’indagato si assume la responsabilità del fatto contestato in cambio di una tiratina d’orecchie o in gergo calcistico di un’ammonizione col cartellino giallo.

Le incertezze riguardo ai possibili esiti dell’opposizione ex art. 611 1 comma bis sono in parte superabili oltre che col ragionamento logico giuridico anche grazie alla scarna giurisprudenza reperita.

Ebbene, emblematica ed utile a tal fine si è dimostrata un’ordinanza del Gip di Patti depositata il 20 marzo 2023 che ha cristallizzato una serie di importanti principi di diritto pur rigettando l’opposizione proposta dall’indagato al fine di ottenere un’archiviazione “con la formula più favorevole ai sensi dell’art.408 c.p.p. perché il fatto non sussiste ovvero perché il fatto non costituisce reato e non per la tenuità del fatto.”

Il giudice estensore inizia col chiedersi se possa ritenersi sussistente in capo all’indagato un diritto a rinunciare all’archiviazione del procedimento per particolare tenuità del fatto e pretendere che la sua innocenza o la sua colpevolezza siano accertate a seguito di dibattimento.

Il ragionamento condotto giunge alla conclusione che mentre tale diritto viene riconosciuto pacificamente dall’ordinamento all’imputato alla stessa conclusione non possa giungersi per l’indagato che durante le indagini si trova in una posizione diversa.

In tale fase, poiché l’esercizio dell’azione penale è prerogativa esclusiva del pubblico ministero non è concepibile nemmeno ipotizzare un diritto al processo in favore dell’indagato riconoscendogli la possibilità di imporre le sue scelte sia al PM che al GIP con un “inaccettabile sovvertimento di una prerogativa che rappresenta il principio cardine del nostro ordinamento giuridico e che rinviene il proprio alveo direttamente nella Costituzione (art. 50 c.p.p. e art. 112 Cost.)

All’esito anche della comparazione degli istituti similari presenti nei procedimenti innanzi al Giudice di Pace Penale e al Tribunale per i Minorenni, il Gip di Patti esclude, quindi, che possa sussistere un diritto di veto dell’indagato rispetto all’archiviazione del procedimento nei suoi confronti con diritto al processo citando in tal senso Cassazione Penale n.5454/23 del 2 febbraio 2023.

Ritiene lo stesso Gip, però, che “il mancato riconoscimento di un diritto di veto non risulta pregiudizievole per le esigenze difensive dell’indagato. Questi, infatti, avrà la possibilità di opporsi alla richiesta di archiviazione formulata ex art. 131 bis cp dimostrando l’insussistenza del fatto, l’assenza dell’elemento soggettivo, la sua assoluta estraneità ai fatti per i quali si procede e in genere la infondatezza della notizia di reato, potendo anche indicare e chiedere a tali fini delle investigazioni suppletive”

Precisa, poi, che secondo quanto stabilito da un’altra sentenza della Suprema Corte (Sez.3 Penale del 19.12.2019 depositata il 13.05.2020 n. 14740) “l’opposizione dell’indagato, il cui interesse è quello di dimostrare l’insussistenza del reato, deve essere informata, a pena di  inammissibilità, agli stessi requisiti di concretezza e pertinenza prevista per l’opposizione della persona offesa ex art. 410 cpp, sia pur con riferimento alle ragioni del dissenso contemplato dall’art. 411 comma 1 bis cpp rispetto alla fondatezza della notizia di reato”.

Il GIP che ha accolto l’opposizione presentata, nel caso concreto da cui siamo partiti, avverso la richiesta di archiviazione per particolare tenuità ha applicato tali principi di diritto disponendo l’archiviazione del procedimento perché il fatto non sussiste nonostante tale esito non sia espressamente previsto dal tenore letterale dell’art. 411, comma 1-bis, cpp.

Con l’auspicio di aver contribuito a rendere meno sconosciuto, e, quindi, un po’ meno insidioso, l’istituto de quo, ringrazio per l’attenzione scendo alla Terzultima Fermata e aspetto il prossimo treno…