Ingiusta detenzione per difetto ab origine dei gravi indizi: è precluso al giudice della riparazione tener conto dell’eventuale condotta dolosa o colposa dell’accusato (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 45038/2023, udienza del 26 ottobre 2023, ha rilevato che nella fattispecie oggetto di ricorso si verte nell’ipotesi di ingiustizia della detenzione di carattere “formale” regolata dall’art. 314, comma 2, cod. proc. pen., attesa l’accertata insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza dichiarata dal Tribunale del riesame.

Ha richiamato a tal fine il principio posto dalla Sezioni unite, secondo il quale «la circostanza di avere dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare per dolo o colpa grave opera, quale condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzione, anche in relazione alle misure disposte in difetto delle condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 cod. proc. pen.» (Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, D’Ambrosio, Rv. 247663); nell’occasione, peraltro, la Corte ha tuttavia precisato che tale operatività non può concretamente esplicarsi, in forza del meccanismo causale che governa l’indicata condizione ostativa, nei casi in cui l’accertamento dell’insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della misura in oggetto avvenga sulla base dei medesimi elementi trasmessi al giudice che ha reso il provvedimento cautelare, in ragione unicamente di una loro diversa valutazione. Ciò in quanto in tal caso è preclusa la possibilità di valutare l’incidenza della condotta dolosa o colposa dell’imputato, essendo il giudice oggettivamente nelle condizioni di negare o revocare la misura; sicché nessuna efficienza causale in ordine alla sua determinazione può attribuirsi al soggetto passivo (in senso conforme, successivamente, Sez. 4, n. 26269 del 01/03/2017, Rv. 270102; Sez. 4, n. 16175 del 22/04/2021, Rv. 281038), tanto che, in tale ipotesi, il giudice della riparazione non può neanche tenere conto, in sede di commisurazione dell’indennizzo, della eventuale colpa lieve del richiedente (Sez. 4, n. 22806 del 06/02/2018, Rv. 272993; Sez. 4, n. 22103 del 21/03/2019, Rv. 276091

Nel caso di specie, atteso che la revoca della misura custodiale per mancanza di gravità indiziaria è avvenuta sulla base dei medesimi elementi vagliati dal giudice della cautela, non vi è pertanto alcuna possibilità di identificare un comportamento dell’istante, avente una efficienza causale o concausale rispetto all’adozione della misura; difatti, come esplicitato dal citato principio espresso dalle Sezioni unite, poiché in tal caso «si riconosce che il GIP era oggettivamente nelle condizioni di negare o revocare la misura, con ciò stesso si esclude la ravvisabilità di una coefficienza causale nella sua determinazione da parte del soggetto passivo».

Ne consegue che non può attribuirsi alcuna rilevanza alla condotta del ricorrente, essendo la medesima – sul piano logico-giuridico – comunque incompatibile con la totale autonomia dell’errore del giudice procedente, che ha colto indizi di reità in comportamenti privi di quella pur provvisoria portata dimostrativa richiesta per l’adozione della cautela.

Per l’effetto, come espressamente dato atto in motivazione, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto non valutabile il predetto presupposto ostativo, neanche nella forma della colpa lieve e in relazione alla commisurazione dell’indennizzo.