Stop all’impugnazione del difensore senza mandato: per la Cassazione nessun “restringimento della facoltà di impugnazione” (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 46366 depositata il 16 novembre 2023 ha stabilito che l’art. 581, comma 1 -quater cod. proc. pen., nella parte in cui impone, a pena d’inammissibilità, all’imputato, nei confronti del quale si è proceduto in assenza, il deposito con l’atto di impugnazione di uno specifico mandato ad impugnare non prevede alcun restringimento della facoltà di impugnazione, bensì persegue, il legittimo scopo di far sì che le impugnazioni vengano celebrate solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell’imputato, per evitare la pendenza di regiudicande nei confronti di imputati non consapevoli del processo, oltre che far sì che l’impugnazione sia espressione del personale interesse dell’imputato medesimo e non si traduca invece in una sorta di automatismo difensivo.

La Suprema Corte premette che l’imputato in primo grado è stato giudicato in assenza e difeso d’ufficio; che l’appello è stato presentato dal difensore di ufficio e il relativo grado è stato celebrato nei confronti dell’imputato “assente”, con la partecipazione del difensore di ufficio; che con il ricorso per cassazione il medesimo difensore non ha depositato il mandato ad impugnare rilasciato dall’imputato dopo la sentenza di appello.

L’art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen., come novellato dal d.lgs. n. 150 del 2022, stabilisce che “Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio“.

L’art. 89 dello stesso decreto precisa che tale norma si applica “per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva al 30 dicembre 2022”.

La cassazione ha già stabilito (Sez. 6, n. 41309 del 20/09/2023), che la novella introdotta all’art. 581, comma 1 -quater cod. proc. pen., nella parte in cui impone, a pena d’inammissibilità, all’imputato, nei confronti del quale si è proceduto in assenza, il deposito con l’atto di impugnazione di uno specifico mandato ad impugnare si applichi anche al ricorso per cassazione.

Infatti, la ratio della riforma, come ricostruita dalla Cassazione nel citato arresto, è quella di evitare la celebrazione di ulteriori gradi di giudizio (e quindi anche quello di legittimità) che l’imputato assente può in seguito vanificare con successivi rimedi restitutori.

Lo specifico mandato al difensore, rilasciato dopo la sentenza da impugnare, viene infatti a dimostrare la “consapevole” celebrazione di quel grado di giudizio da parte dell’imputato assente nei precedenti gradi.

Tale conclusione non è contrastata dal difensore che ha sollevato piuttosto censure sulla compatibilità costituzionale della norma con riferimento ad ogni tipologia di impugnazione. Peraltro, la questione di costituzionalità è formulata dal ricorrente in termini molto generici rispetto ai parametri costituzionali che si assumono violati.

In ogni caso, la norma tacciata d’incostituzionalità non prevede alcun restringimento della facoltà di impugnazione, bensì persegue, come si è detto, il legittimo scopo di far sì che le impugnazioni vengano celebrate solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell’imputato, per evitare la pendenza di regiudicande nei confronti di imputati non consapevoli del processo, oltre che far sì che l’impugnazione sia espressione del personale interesse dell’imputato medesimo e non si traduca invece in una sorta di automatismo difensivo.

Gli oneri imposti all’imputato e la prevista sanzione della inammissibilità della impugnazione si giustificano infatti con le ampie garanzie che l’ordinamento processuale riconosce a tutela dell’assente con i rimedi restitutori previsti dall’ordinamento processuale sia con la disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 120 del 2022 sia con quella previgente, applicabile ex art. 89 dello stesso decreto, in ordine ai quali nulla ha osservato il ricorrente.

Ne discende l’inammissibilità del ricorso ai sensi degli artt. 581, comma 1 -quater cod. proc. pen., in quanto sprovvisto del deposito del mandato ad impugnare rilasciato dall’imputato assente.