Rigetto concordato in appello e dichiarazione di astensione con assegnazione del processo ad altro collegio per sopravvenuta incompatibilità dei giudici (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 40457/2023 ha esaminato la singolare decisione della corte di appello che nel rigettare la richiesta di concordato in appello si è spogliata del processo, dichiarando la propria astensione, prospettando una incompatibilità a decidere.

Fatto

La difesa ricorre in cassazione prospettando la violazione di legge in relazione all’art. 602, comma 1 bis, cod. proc. pen.

La Corte d’appello, dopo il mancato accoglimento della proposta formulata ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc. pen., aveva disposto – in contrasto con la norma indicata – il rinvio del processo dinanzi ad altro Collegio, dichiarando la propria incompatibilità nel procedere al giudizio di appello, così violando oltre che la disposizione dell’art. 36 cod. proc. pen., anche l’art. 25 Cost. per l’elusione del principio di precostituzione del giudice naturale.

Decisione

La Suprema Corte nel censurare il provvedimento di rinvio del processo dinanzi ad altro Collegio, disposto dai giudici investiti della richiesta di concordato in appello (ipotesi di incompatibilità effettivamente non prevista, per la peculiare natura del provvedimento di rigetto della richiesta di concordato: Sez. 2, n. 8745 del 22/11/2019, dep. 2020, Rv. 278527 – 0), sottolinea che il ricorrente non individua una situazione che possa integrare una causa di nullità ai sensi dell’art. 178, lett. a), cod. proc. pen., che ricorre solo quando l’assegnazione del processo ad un Collegio diverso da quello previsto secondo le regole tabellari sia volto «ad eludere o violare il principio del giudice naturale precostituito per legge, attraverso assegnazioni extra ordinem perché del tutto al di fuori di ogni criterio tabellare».

La cassazione evidenzia che nel caso esaminato c’è stato un eccesso di scrupolo e non ricorre di certo tale specifico intento, avendo manifestato il Collegio esclusivamente un prudenziale atteggiamento volto a escludere potenziali situazioni di incompatibilità.

In merito alla mancata previsione di un obbligo di astensione del giudice di appello che rigetti la richiesta di concordato, posto che tale evenienza non costituisce in alcun modo anticipazione di giudizio né sui motivi attinenti l’affermazione di responsabilità, che lo stesso giudice di secondo grado è chiamato ugualmente a vagliare compiutamente, con possibilità di accoglimento dei medesimi pur a fronte di un iniziale rigetto della richiesta di concordato, né analogamente sui motivi proposti sulla pena sui quali deve essere svolto all’esito del giudizio di secondo grado e pure ove sia stata respinta la richiesta di concordato uguale analisi specifica.

Peraltro, occorre rilevare, che il profilo è stato affrontato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 448/95 che, nel rigettare la questione si è così espressa:

La questione ora sottoposta all’esame della Corte riguarda la compatibilità a giudicare il merito dell’impugnazione da parte del giudice che non ha accolto la richiesta dell’imputato e del pubblico ministero, i quali, concordando sull’accoglimento di uno o più motivi d’appello, con rinuncia agli altri motivi eventualmente proposti, hanno indicato la pena da applicare.

Questa figura di accordo fra le parti, disciplinata dall’art. 599 cod., proc. pen., implica una valutazione di merito da parte del giudice ai fini del giudizio di congruità della pena concordata. Tuttavia la valutazione contenutistica del giudice non è idonea a configurare una situazione per la quale valgano le ragioni dell’incompatibilità per il giudizio di merito, giacché “patteggiamento” in appello presenta peculiarità che lo differenziano dal patteggiamento in senso proprio che si svolge in primo grado, prima dell’apertura del dibattimento (artt., 444 e ss. cod. proc. pen.).

Nel caso dell’appello si tratta, difatti, del giudice già investito, nella sede propria, del merito, il quale valuta la congruità della pena in base agli stessi elementi sui quali dovrà fondare la propria decisione al termine del giudizio di impugnazione.

La decisione sulla richiesta delle parti (che, in caso di rigetto, è riproponibile sino alla chiusura del dibattimento) costituisce un giudizio eventuale ed anticipato, formulato in base alle prove sulle quali il giudice, investito del giudizio di merito, dovrà fondare il proprio convincimento.

Non si è quindi in presenza, come nel caso dell’accordo delle parti sulla pena in primo grado, di un’anticipazione di giudizio, effettuata sulla base della consultazione e della valutazione degli atti del fascicolo del pubblico ministero.

Le valutazioni del giudice nel patteggiamento in appello si esprimono dunque in situazioni diverse da quelle del patteggiamento in primo grado.

Questo è sufficiente per escludere la lesione del principio di parità di trattamento nelle due diverse situazioni… L’adesione o meno alla richiesta concorde di accoglimento di motivi di appello, con determinazione della pena in conformità alle indicazioni delle parti, costituisce sempre una valutazione propria espressa dal giudice, già investito del merito del giudizio di impugnazione e che deve pronunciarsi sulla stessa al termine del dibattimento o, se in conformità della richiesta delle parti, anticipatamente.

La questione di legittimità costituzionale non è, pertanto, fondata“.