La causalità nei delitti colposi da circolazione stradale (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 16108/2023, udienza del 5 aprile 2023, si diffonde sul tema della causalità nei delitti colposi, con specifico riguardo alla circolazione stradale.

Aggravante ex art. 589, comma 2, cod. pen.

In tema di circolazione stradale, si è già affermato che, ai fini della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 589, comma secondo, cod. pen., non è necessaria la violazione di  una specifica norma del codice stradale, essendo sufficiente l’inosservanza delle regole di generica prudenza, perizia e diligenza (sez. 4, n. 356665 del 19/6/20007, Rv. 237453, in cui, in motivazione, la Corte ha precisato che tali regole devono ritenersi parte integrante della disciplina della circolazione stradale, come si desume dal disposto dell’art. 140 cod. strada, la cui violazione assume lo stesso valore della violazione di una disposizione specifica). Tale norma, nel prevedere che gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione e in modo che sia salvaguardata la sicurezza stradale, pone un principio informatore della circolazione e deve considerarsi implicitamente richiamata in ogni contestazione di colpa generica (sez. 4, n. 18204 del 15/3/2016, Rv. 266641).

Principio di colpevolezza

Tuttavia, il principio di colpevolezza impone una verifica più complessa, su piani diversi, riguardanti l’accertamento in concreto della sussistenza della violazione – da parte del soggetto che riveste una posizione che possiamo definire lato sensu di garante – di una regola cautelare (generica o specifica), del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento e della prevedibilità e evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mira a prevenire.

Di qui la necessità di verificare non solo la causalità della condotta (ossia la dipendenza dell’evento da essa, in cui quest’ultima si ponga quale condicio sine qua non, in assenza di decorsi causali alternativi eccezionali, indipendenti e imprevedibili); ma anche la idoneità del comportamento alternativo lecito a scongiurare l’evento e la verifica della c.d. concretizzazione del rischio, vale a dire la introduzione, da parte del soggetto agente, del fattore di rischio concretizzatosi con l’evento, attraverso la violazione delle regole di cautela tese a prevenire e rendere evitabile il prodursi di quel rischio (in motivazione, sez. 4, n. 17000 del 5/4/2016, Rv. 266645, in cui si richiama un indirizzo consolidato, con rinvio a sez. 4, n. 40802 del 18/9/2008, Rv. 241475; n. 24898 del 24/5/2007, Rv. 236854; n. 5963 del 2/5/1998, Rv. 178402, in cui si è sottolineata la necessità che la verifica del nesso di causalità nei termini sopra precisati, avvenga in base a elementi fattuali certi e non a mere ipotesi o congetture).

Causalità della colpa

Si tratta, a ben vedere, di concetti che vanno al di là di quelli che tradizionalmente identificano l’elemento oggettivo del reato (condotta, evento e nesso causale) e implicano, invece, che l’inquadramento delle singole fattispecie vada compiuto all’interno del sistema normativo che costituisce la c.d. causalità della colpa.

Elemento oggettivo

Sul piano oggettivo, pertanto, viene in rilievo il dovere di osservanza della regola cautelare; ma anche la individuazione, preventiva, della stessa regola cautelare e del suo atteggiarsi in relazione all’area di rischio considerata; infine, la sussistenza di un collegamento, non solo materiale tra condotta e evento, ma anche tra regola violata ed evento verificatosi.

Elemento soggettivo

Resta salva l’ulteriore verifica sul piano soggettivo, dell’elemento psicologico del reato, cioè, che – nel caso  di responsabilità colposa – si articola anche attraverso il duplice scrutinio della prevedibilità dell’evento e della esigibilità del comportamento alternativo lecito.

Il collegamento causale tra condotta dell’agente ed evento richiede la violazione della regola cautelare posta allo scopo di prevenire l’evento stesso.

Anche più di recente, si è fatto ricorso al criterio sopra richiamato della concretizzazione del rischio per spiegare che la rilevanza della violazione della regola cautelare richiede che essa deve aver reso concreto il rischio che la stessa era intesa a prevenire. Sicché, non ogni evento verificatosi può esser ricondotto alla condotta colposa dell’agente, ma solo quello che sia collegato causalmente alla violazione della specifica regola cautelare (sez. 4, n. 40050 del 29/3/2018, Rv. 273870).

Il giudice, pertanto, non può limitarsi ad accertare il nesso di causalità materiale tra la condotta e l’evento dato, ma deve scrutinare quale sia il rischio che la norma violata è intesa a scongiurare.

Tale verifica è, poi, condizionata dalla natura della norma cautelare violata, tema rispetto al quale si è precisato che, qualora si assuma la violazione di una regola c.d. “elastica” (che necessiti, cioè, per la sua applicazione di un legame più o meno esteso con le condizioni specifiche in cui l’agente deve operare, al contrario di quelle cosiddette “rigide”, che fissano con assoluta precisione lo schema di comportamento) è necessario, ai fini dell’accertamento dell’efficienza causale della condotta anti doverosa, procedere a una valutazione di tutte le circostanze del caso concreto (sez. 4, n. 40050 del 2018, cit., Rv. 273871, proprio in un caso in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per omicidio colposo da incidente stradale, fondata sul generico riferimento alla inadeguatezza della velocità tenuta dal conducente, senza esplicitare quale fosse la velocità adeguata ovvero quella che, alla luce di tutte le circostanze del fatto, risultava – non ex post ma ex ante – ragionevolmente in grado di evitare l’investimento).

Principio dell’affidamento

Occorre infine sottolineare la rilevanza che viene assegnata nel settore della circolazione stradale al principio dell’affidamento: l’utente della strada [che riveste una posizione di garanzia rispetto agli altri utenti e ai terzi, delineata dal coacervo delle regole contenute nel codice strada (sul punto specifico, sez. 4, n. 14145 del 20/2/2015, Rv. 263143; n. 44811 del 3/10/2014, Rv. 260643)], infatti, può far sì affidamento sull’altrui osservanza delle norme cautelari, ma tale principio deve essere calibrato nello specifico settore, nel quale deve trovare infatti un opportuno temperamento nell’opposto principio, secondo cui l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché rientri però nel limite della prevedibilità (sez. 4, n. 27513 del 10/5/2017, Rv. 269997, in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza con la quale era stata ritenuta la responsabilità per lesioni del conducente di un ciclomotore che aveva investito un pedone mentre attraversava al di fuori delle strisce pedonali, in un tratto rettilineo ed in condizioni di piena visibilità, per la condotta di guida non idonea a prevenire la situazione di pericolo derivante dal comportamento scorretto del pedone, rischio tipico e ragionevolmente prevedibile della circolazione stradale; n. 8090 del 15/11/2013, dep. 2014, Rv. 259277; n. 5691 del 2/2/2016, Rv. 265981; n. 12260 del 9/1/2015, Rv. 263010).