L’avvocato ha sangue nelle urine: per i giudici è un “certificato di comodo” (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 37748/2023 ha posto rimedio ad una decisione che era l’emblema della “considerazione” che alcuni magistrati hanno degli avvocati.
Nel caso esaminato un avvocato invia alla Corte di appello un certificato medico di uno specialista che attesta “dolori a tipo colica renale con macro ematuria” per chiedere il rinvio dell’udienza fissata.
La Corte di appello disattende la richiesta qualificando “di comodo” la certificazione prodotta.
La Suprema Corte premette che nel giudizio camerale di appello, a seguito di processo di primo grado celebrate con rito abbreviato, è applicabile l’art. 420 ter, comma quinto, cod. proc. pen. ed è, pertanto, rilevante l’impedimento del difensore determinato da serie, imprevedibili e attuali ragioni di salute, debitamente documentate e tempestivamente comunicate. (Sez. U, Sentenza n. 41432 del. 21/07/2016, Sarrapocchiello, Rv. 267748).
Ed è già strabiliante, dico io, che ci siano volute le Sezioni unite per stabilizzare questa tutela minimale del ruolo difensivo.
Nel caso in esame, dalla lettura degli atti processuali consultabili in ragione del dedotto error in procedendo, risulta che:
-la Corte d’appello, all’udienza del 19 dicembre 2022, pur avendo dato atto della ricezione dell’istanza di rinvio per legittimo impedimento per motivi di salute trasmessa dal difensore di fiducia dell’imputato in data 18 dicembre 2022, ha disatteso la richiesta qualificando “di comodo” il certificato medico allegato all’istanza, che attestava “dolori a tipo colica renale con macro ematuria” con conseguente necessità di due giorni di riposo e terapia medica domiciliare;

La Corte ha altresì evidenziato che la diagnosi non era accompagnata da un riscontro strumentale e “notoriamente le coliche renali determinano conseguenze fisiche non fronteggiabili con due giorni di riposo”.
Decisione
La motivazione contenuta nell’ordinanza impugnata non ·può essere condivisa.
La qualificazione del certificato quale “di comodo” non appare. supportata da alcun elemento concreto.
A fronte di una certificazione prodotta e a firma di uno specialista che dà atto dell’accertata sintomatologia riconducibile alla colica renale e della presenza di macro-ematuria, la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare la serietà dell’impedimento, tempestivo peraltro per la repentinità della insorgenza della malattia.
Anche l’affermazione secondo la quale “le coliche renali ‘determinano conseguenze fisiche non fronteggiabili con due giorni di riposo” è, peraltro, priva di qualsiasi riscontro scientifico.
La sentenza va dunque annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello.

Un piccolo commento

Giudici che si improvvisano medici e biologi, muniti solo di arroganza e preconcetti, pur di bypassare un legittimo e documentato impedimento del difensore.

Giudici che dimenticano di essere l’ultima istanza di merito e vanno dritti alla meta, indifferenti al diritto dell’imputato di essere difeso dal suo difensore .

Lo so, questo è un commento giuridico e non bisognerebbe scadere in considerazioni da bar, ma una giustizia così, per fortuna ricacciata nell’angolo dalla Corte Suprema, dà la nausea.