Diffamazione ai danni di una persona giuridica e legittimazione della querela (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 36931/ 2023 ha stabilito che persona offesa del delitto di diffamazione può essere anche un ente: l’onore collettivo o sociale è un bene giuridico tutelato in capo a tutti gli associati o membri, considerati come unitaria entità, passibile di essere leso per effetto di condotte diffamatorie e denigratorie.

In tema di diffamazione a mezzo stampa, invero, una persona giuridica ben può assumere la qualità di soggetto passivo di delitti contro l’onore per espressioni diffamanti dirette sia nei confronti di un ente che di singoli appartenenti ad un’associazione od istituzione (ove, in tale seconda ipotesi, le affermazioni aggrediscano al contempo l’onore dell’entità collettiva nel suo complesso).
Ne consegue che, quando l’offesa viene ad incidere sulla considerazione di cui l’ente gode nella collettività, detto ente, al pari dei singoli soggetti offesi, è legittimato alla presentazione della querela ed alla successiva costituzione di parte civile.

La Suprema Corte nel rispondere alla censura difensiva in merito alla circostanza che la querela era stata sporta solo dal presidente del circolo e non dai soci, ai quali la ricorrente indica rivolti i propri scritti – sottolinea il condivisibile principio per cui in tema di diffamazione a mezzo stampa le espressioni denigratorie dirette nei confronti di singoli appartenenti ad un’associazione od istituzione possono, al contempo, aggredire anche l’onorabilità dell’entità collettiva cui essi appartengono, entità alla quale, conseguentemente, anche compete la legittimazione ad assumere la qualità di soggetto passivo di delitti contro l’onore.

Ne consegue che, quando l’offesa assume carattere diffusivo (nel senso che essa viene ad incidere sulla considerazione di cui l’ente gode nella collettività), detto ente, al pari dei singoli soggetti offesi, è legittimato alla presentazione della querela ed alla successiva costituzione di parte civile e ad esso compete eventualmente la facoltà di proporre impugnazione nelle ipotesi particolari previste dall’art. 577 c.p.p. (Sez. 5, n. 1188 del 26/10/2001, dep. 14/01/2002, Rv. 220813 – 01, in una fattispecie in cui è stata riconosciuta la qualità di persona offesa -con possibilità di costituirsi parte civile e di proporre la impugnazione sopra specificata- ad un Consiglio dell’ordine degli avvocati, avendo il giornalista formulato giudizi negativi e denigratori nei confronti di “migliaia di avvocati”, appartenenti al predetto ente, ed avendone indicati alcuni come “manutengoli della camorra”; nello stesso senso, Sez. 5, n. 37383 del 16/06/2011, Rv. 251518 – 01, in relazione alla lesione della reputazione professionale dell’ente, a seguito della divulgazione a mezzo stampa di false notizie in ordine a presunti contrasti tra i soci principali di una società commerciale; Sez. 5, n. 16281 del 16/03/2010, Rv. 247263 – 01, in merito alle offese indirizzate a singoli soci e collaboratori di uno studio legale, che ben si traducono in offesa alla reputazione di questi ultimi come componenti di un organismo professionale, coeso per via di associazione, e, quindi, nella lesione della reputazione dell’associazione professionale per la quale sia proposta querela; nello stesso anche Sez. 5, n. 4982 del 30/01/1998, Rv. 210601 – 01, che per altro indica come potenziali persone offese della diffamazione anche entità giuridiche o di fatto – associazioni, partiti, fondazioni, comunità religiose, corpi amministrativi e giudiziari – in quanto rappresentativi sia di un interesse collettivo unitario ed indivisibile in relazione alla finalità perseguita, sia degli interessi dei singoli componenti).

D’altro canto, l’effetto estensivo dell’offesa si ha anche in senso opposto, allorquando l’attacco alla reputazione dell’ente si traduca in un attacco all’onorabilità dei singoli che ne partecipano, cosicché si è affermato che in tema di diffamazione a mezzo stampa, le espressioni denigratorie dirette nei confronti di un’entità collettiva possono ledere anche l’onorabilità delle persone che la compongono, alle quali deve quindi essere riconosciuta la legittimazione alla presentazione della querela (Sez. 5, n. 34395 del 27/05/2015, Rv. 265016 – 01, in una fattispecie in cui è stata riconosciuta la qualità di persona offesa ai singoli medici di un reparto ospedaliero nei cui confronti l’imputato aveva reso dichiarazioni lesive).

Inoltre, come osserva Sez. 5, n. 12744 del 07/10/1998, Rv. 213415 – 01, è identificabile per un ente un onore o un decoro collettivo, quale bene morale di tutti gli associati o membri, considerati come unitaria entità, capace di percepire l’offesa (fattispecie di diffamazione a mezzo stampa in danno della Congregazione dei Testimoni di Geova), poiché è concettualmente ammissibile l’esistenza di un onore sociale, collettivo, quale bene morale di tutti i soci, associati, componenti, membri come un tutto unico, capace di percepire l’offesa (Sez. 5, n. 2886 del 24/01/1992, Rv. 189901 – 01).

Nel caso in esame le affermazioni dell’imputata sono evidentemente rivolte sia alla collettività dei soci, sia anche al circolo, cosicché non si pone il tema della legittimazione alla querela che ben poteva essere proposta anche da un singolo socio, tanto più che il tenore delle dichiarazioni, come evidenziato dai Giudici di merito, riguarda sia la lesione dell’onore del circolo, quale ente portatore di una propria reputazione, sia anche la lesione della reputazione degli associati, rappresentati proprio dall’ente esponenziale.

In sostanza, in questo caso si tratta di un delitto soggettivamente plurioffensivo, in quanto la diffusività della condotta diffamatoria, seppur non è intervenuta alcuna querela da parte di singoli associati, legittima la qualità di persona offesa del circolo per la duplice lesione dei beni dell’onore e della reputazione sia dell’ente che degli associati.