Sospensione feriale dei termini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata: sì, no, forse? (di Vincenzo Giglio)

Premessa

La legge n. 742/1969 e ss. mm., come è noto a tutti i pratici, disciplina la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale.

Il suo articolo 1 sospende di diritto il decorso dei termini processuali della giurisdizione ordinaria e di quella amministrativa dall’1° al 31 agosto di ogni anno.

È di particolare interesse per l’argomento oggetto di questo scritto la vigente previsione dei primi due commi del successivo art. 2 che sono così congegnati: “In  materia penale la sospensione dei termini procedurali, compresi quelli  stabiliti  per  la fase delle indagini preliminari, non opera nei procedimenti relativi ad imputati in stato di custodia cautelare, qualora  essi  o  i  loro  difensori  rinunzino  alla sospensione dei termini. La  sospensione  dei termini delle indagini preliminari di cui al primo  comma  non  opera  nei  procedimenti per reati di criminalità organizzata“.

Il tenore letterale della disposizione del secondo comma non sembra lasciare spazio a dubbi interpretativi: la norma è rivolta ai procedimenti per reati di criminalità organizzata (nozione, questa, chiarita già nel 2016 dalla Sezioni unite penali con la notissima decisione Scurato e ripresa tale e quale, per scopi di asserita interpretazione autentica, dall’art. 1 del recentissimo d.l. n. 105/2023); inserisce tali procedimenti tra quelli esclusi dalla sospensione feriale; precisa tuttavia che tale deroga vale solo per la fase delle indagini preliminari.

Tutto chiaro allora? No, niente affatto. Vediamo perché.

La giurisprudenza di legittimità

Secondo Cassazione penale, sezione 3^, sentenza n. 11929/2018, udienza del 31 gennaio 2018,

in costanza del periodo del c.d. “feriale”, la sospensione dei termini processuali, in base al disposto dell’art. 1 della legge 7 ottobre 1969 n. 742, è la regola ed essa è stata prevista proprio per una maggiore garanzia del diritto di difesa; quando le peculiarità del caso impongano la c.d. “dichiarazione di urgenza”, la conseguente non osservanza della regola deve essere espressamente dichiarata con provvedimento motivato del giudice o del pubblico ministero, in base al disposto dell’art. 2, comma 3 della legge n. 742 del 1969).

L’art. 2 della n. 742 del 1969 (come sostituito dall’art. 240-bis, disp. coord. cod. proc. pen. e ulteriormente modificato dall’art. 21-bis, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356), prevede, poi, specifiche deroghe alla regola generale e dispone, per quanto rileva nel caso in esame che: « In materia penale la sospensione dei termini procedurali, compresi quelli stabiliti per la fase delle indagini preliminari, non opera nei procedimenti relativi ad imputati in stato di custodia cautelare, qualora essi o i loro difensori rinunzino alla sospensione dei termini. 2. La sospensione dei termini delle indagini preliminari di cui al primo comma non opera nei procedimenti per reati di criminalità organizzata (…) nel caso di specie non opera la deroga alla sospensione feriale prevista per i procedimenti per reati di criminalità organizzata nel corso delle indagini preliminari; si ricorda che la nozione di reati di criminalità organizzata identifica non solo i reati di criminalità mafiosa e assimilata, oltre i delitti associativi previsti da norme incriminatrici speciali, ma anche qualsiasi tipo di associazione per delinquere, ex art. 416 cod. pen., con l’esclusione del mero concorso di persone nel reato (Sez. 3,n. 36927de1 18/06/2015, Rv. 265023; Sez. 2 n. 6321 del 25/11/2015, dep. 16/02/2016, Rv.266404); l’applicazione della predetta norma, inoltre, prescinde dalla situazione specifica del singolo indagato e non presuppone l’esistenza di uno “status custodiale”, essendo rilevante solo la sua collocazione nell’ambito di un procedimento di criminalità organizzata, in quanto la ratio della disciplina è quella di evitare che le indagini preliminari subiscano pause o decelerazioni potenzialmente pregiudizievoli del risultato dell’attività di indagine (Sez. U., n. 37501 del 15/07/2010, Rv. 247994; Sez. 2, n. 6321 del 25/11/2015, dep. 16/02/2016, Rv. 266404).

Tale deroga è, però, espressamente limitata dal legislatore alla fase delle indagini preliminari e, pertanto, non opera quando il procedimento non sia più pendente nella fase delle indagini preliminari (Sez. 2, n. 44209 del 12/10/2005, Rv. 233318).

Nella specie, pur oggetto dell’imputazione il reato di cui all’art. 416 bis, commi 1, 2, 3, 4 cod. pen., al momento di celebrazione dell’udienza camerale del 11.8.2017 il procedimento non era più pendente nella fase delle indagini preliminari, essendo stato disposto il rinvio a giudizio dell’indagato depositata in data 13.4.2017“.

Questa decisione è perfettamente in linea col dato letterale dell’art. 2, comma 2, L. n. 742/1969.

Esistono tuttavia numerose pronunce che si fa fatica perfino a stabilire se esprimano un indirizzo diverso oppure siano solo redatte in maniera non troppo meditata.

Secondo Cassazione penale, sezione 3^, sentenza n. 36927/2015, udienza del 18 giugno 2015, “In materia penale, la sospensione dei termini procedurali, compresi quelli stabiliti per la fase delle indagini preliminari, non opera nei procedimenti per reati di criminalità organizzata. Quest’ultima nozione non comprende solo i reati di criminalità mafiosa e assimilata e i delitti associativi previsti dalle norme incriminatrici speciali, ma anche qualsiasi tipo di associazione per delinquere ex art. 416 c.p. correlata alle attività criminose più diverse, con l’esclusione del mero concorso di persone nel reato“.

Secondo Cassazione penale, sezione 6^, sentenza n. 1221/2022, udienza del 13 dicembre 2021, “La disciplina dell’art. 240-bis disp. att. cod. proc. pen., introdotto dall’articolo 1 del decreto legislativo 20 luglio 1990, n. 193, è stata integrata dall’art. 21-bis del d. I. n. 306 del 8 giugno 1992 (convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 1992 n. 356), che ha inserito all’articolo 2 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, come sostituito dall’art. 240-bis cit., la previsione secondo cui la sospensione dei termini delle indagini preliminari di cui al primo comma non opera nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, disposizione che la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto applicabile anche ai termini delle procedure incidentali — personali e reali – che in tale fase procedimentale si iscrivano. Si è ritenuto che con la locuzione “termini delle indagini preliminari”, di cui al comma primo del medesimo art. 2, debbono ritenersi annoverati tutti i termini procedurali in materia penale ivi compresi, quindi, quelli inerenti i procedimenti incidentali concernenti l’impugnazione di provvedimenti in tema di misure cautelari, scelta che deriva dalla esigenza di evitare che il decorso dei termini procedurali delle indagini preliminari subisca pause o decelerazioni potenzialmente pregiudizievoli all’attività inquirente nelle procedure cautelari che in tale fase procedimentale si inseriscono“.

Infine, secondo Cassazione penale, sezione 2^, ordinanza n. 11657/2023, udienza del 10 marzo 2023, “L’art. 2, legge 7 ottobre 1969, n. 742, come modificato dall’art. 240-bis, disp. att. cod. proc. pen., prevede, al comma 2, che, in materia penale, la sospensione dei termini procedurali, non opera nei procedimenti per reati di criminalità organizzata. Questa deroga alla ordinaria disciplina della sospensione feriale concerne anche i termini di impugnazione dei provvedimenti cautelari“.

Non solo l’uomo comune ma anche il professionista legale che si confrontino con queste argomentazioni sono condannati ad una situazione di incertezza poiché la formulazione dei principi di diritto è tale da non potere escludere ed anzi da suggerire che i giudici di legittimità abbiano operato un’estensione interpretativa del citato art. 2, comma 2, e vi abbiano compreso i procedimenti per reati di criminalità organizzata nella loro interezza.

D’altro canto, è opportuno ricordare che ognuna di queste tre decisioni aveva ad oggetto situazioni giuridiche proprie della fase delle indagini preliminari.

Ipotizziamo adesso che un avvocato incaricato di una difesa penale e chiamato ad impugnare una sentenza emessa in un procedimento di criminalità organizzata debba comprendere se il termine che gli è concesso per l’impugnazione sia o no sospeso nel mese di agosto.

Il tenore letterale della norma di riferimento, la razionalità e la decisione delle terza sezione penale del 2018 dovrebbero convincerlo che, se è stata superata la fase delle indagini preliminari e non ricorre alcuna delle altre situazioni che impediscono la sospensione, il termine è sospeso per tutto il mese di agosto.

E tuttavia, se si convincesse di questo e agisse di conseguenza, correrebbe un rischio sia in proprio (per negligenza professionale) che per conto del suo assistito (che, incolpevolmente, perderebbe la chance di una revisione favorevole della decisione impugnabile).

Potrebbe infatti capitargli un collegio decidente che, dando un’occhiata distratta alle massime e tralasciando disinvoltamente la lettera della norma che pure gli spetterebbe di analizzare, impiegherebbe pochi secondi a dichiarare inammissibile l’appello o il ricorso per cassazione per tardività del suo deposito.

Bene farebbe allora quel professionista ad affrettarsi a fare il suo lavoro e sacrificare un po’ di estate.