Maltrattamenti e “mancanza della sottomissione morale di un coniuge nei confronti dell’altro” (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 36170 depositata il 30 agosto 2023 ha ricordato che non esclude la configurabilità del reato di maltrattamenti l’assenza di una situazione di sottomissione di un coniuge all’altro.

La Suprema Corte ha ricordato che in tema di maltrattamenti in famiglia, a fronte di condotte abitualmente vessatorie, che siano concretamente idonee a cagionare sofferenze, privazioni e umiliazioni il reato non è escluso per effetto della maggiore capacità di resistenza dimostrata dalla persona offesa, non essendo elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice la riduzione della vittima a succube dell’agente.

Da ultimo, quanto alla rilevanza della reciprocità delle condotte vessatorie, recentemente la cassazione sezione 6 con la sentenza numero 20630/2023 ha stabilito che la condotta di chi, sistematicamente infligga, con atteggiamenti violenti ed umilianti, vessazioni in danno di altro individuo componente della famiglia del soggetto agente ovvero nei confronti di persona con lui convivente o comunque sottoposta alla di lui autorità o affidata alla sua cura, così da rendergli mortificante ed in generale insostenibile il regime di vita, configura il reato di maltrattamenti in famiglia anche nel caso in cui le condotte poste in essere non siano unilaterali, ma siano reciproche, non prevedendo la fattispecie di cui all’art. 572 cod. pen. il ricorso a forme di sostanziale autotutela, mediante un regime di “compensazione” fra condotte penalmente rilevanti e reciprocamente poste in essere, principio confermato da Cassazione sezione 3 numero 12026 del 24 gennaio 2020, Rv 278968.

La Suprema Corte ha ricordato che qualora si volesse considerare l’altro orientamento ermeneutico che a determinate condizioni riconosce rilevanza alla reciprocità delle offese (Cassazione sezione 6 numero 4935 del 23 gennaio 2019, Rv 274617) va, comunque, tenuto conto che tale rilevanza è stata circoscritta alla sola ipotesi in cui le violenza, le offese e le umiliazioni reciproche presentano un grado di gravità e intensità delle condotte, “non può dirsi che vi sia un soggetto che maltratta l’altro ed uno che è maltrattato, né che l’agire dell’uno sia teso, anche dal punto di vista soggettivo, ad imporre all’altro un regime di vita persecutorio ed umiliante”.

Infine, la cassazione sottolinea che dal punto di vista sistematico, laddove il legislatore ha inteso riconoscere rilevanza alla reciprocità delle offese, lo ha fatto espressamente come nel caso previsto dall’abrogato articolo 599, comma primo, codice penale, in base al quale, anteriormente alla avvenuta depenalizzazione del reato di ingiurie, era in facoltà al giudice, in caso di reciproche offese dell’onore o al decoro di altra persona presente o comunque nei casi indicati dall’articolo 594 c.p., dichiarare la non punibilità del fatto ove le offese fossero state reciproche.