Cass. pen., Sez. 2^, sentenza n. 17592/2023, udienza del 31 marzo 2023, analizza la struttura del reato di trasferimento fraudolento di valori nei termini che seguono.
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, il delitto ex art. 512-bis cod. pen. è un reato di pericolo astratto, configurabile quando l’agente, sottoposto o sottoponibile a una misura di prevenzione, compia un qualsiasi negozio giuridico al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali; ne consegue che la valutazione circa il pericolo di elusione della misura va compiuta ex ante, su base parziale, ovvero, alla stregua delle circostanze che, al momento della condotta, erano conosciute o conoscibili da un uomo medio in quella determinata situazione spazio-temporale.
Per integrare il reato di trasferimento fraudolento di valori, inoltre, è sufficiente l’accertamento dell’attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibilità di denaro, beni o utilità, senza che al giudice sia anche richiesto l’apprezzamento della concreta capacità elusiva dell’operazione patrimoniale accertata, trattandosi di situazione estranea agli elementi costitutivi del fatto incriminato. Detti principi hanno riflessi anche in ordine alla verifica della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, costituito dal dolo specifico (ex plurimis cfr. Sez. 3, n. 23097 del 08/05/2019, , Rv. 276199 nonché Sez. 6, n. 49832 del 19/04/2018, Rv. 274286), connotato dallo “scopo elusivo” che «prescinde dalla concreta possibilità dell’adozione di misure di prevenzione patrimoniali all’esito del relativo procedimento, essendo integrato anche soltanto dal fondato timore dell’inizio di esso, a prescindere da quello che potrebbe esserne l’esito» (così Sez. 2, n. 2483 del 21/10/2014, dep. 2015, Rv. 261980; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 5, n. 1886 del 07/12/2021, dep. 2022, Rv. 282645; Sez. 2, n. 22954 del 28/03/2017, Rv. 270480; Sez. 5, n. 13083 del 28/02/2014, Rv. 262764; Sez. 6, n. 27666 del 04/07/2011, Rv. 250356). Inoltre, la finalità elusiva delle misure di prevenzione patrimoniali può essere accompagnata da finalità concorrenti, non necessariamente ed esclusivamente collegate alla impellente e urgente necessità di liberarsi dei beni in vista di una loro possibile ablazione (in questo senso v. Sez. 2, n. 46704 del 09/10/2019, Rv. 277598 nonché, da ultimo, Sez. 2, n. 30573 del 03/02/2023, non mass.).
In ordine all’elemento psicologico richiesto affinché anche il soggetto interposto possa essere ritenuto concorrente nel reato, alcune pronunce di legittimità hanno affermato che il delitto previsto dall’art. 512-bis cod. pen. richiede che tutti i concorrenti nel reato abbiano agito con il dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale (cfr., ad es., Sez. 2, n. 45080 del 14/10/2021, Rv. 282437 e Sez. 6, n. 34667 del 07/05/2016, Rv. 267705); secondo un altro e prevalente orientamento, risponde a titolo di concorso anche colui che non è animato dal dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale, a condizione che almeno uno degli altri concorrenti agisca con tale intenzione e che della stessa il primo sia consapevole (Sez. 2, n. 18260 del 06/05/2022, non mass.; Sez. 2, n. 38044 del 14/07/2021, Rv. 282202; Sez. 2, n. 38277 del 07/06/2019, Rv. 276954).
Questo ultimo principio richiama quello più generale statuito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Sez. U, n. 16 del 05/10/1994, Demitry, non mass. sul punto), secondo il quale, nelle fattispecie (anche) a dolo specifico, «la sussistenza del reato richiede che almeno uno dei concorrenti agisca per quella particolare finalità richiesta dalla norma incriminatrice; occorre peraltro che il concorrente privo del dolo specifico sia consapevole che altro concorrente agisca con il richiesto elemento soggettivo». Nello stesso senso si sono poi pronunciate le Sezioni Unite in tema di concorso esterno nel delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 202904).
