Legittimo impedimento e termini di impugnazione: depositata una proposta di legge per rafforzare il diritto di difesa e le prerogative del difensore (di Riccardo Radi)

Si segnala ai lettori una proposta di legge (allegata alla fine del post) in tema di modifiche all’articolo 420-ter del codice di procedura penale, in materia di legittimo impedimento del difensore, nonché agli articoli 585 del medesimo codice e 10 del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, in materia di termini per le impugnazioni.

La proposta di legge numero 1203 depositata il 4 agosto 2023 intende affrontare e risolvere due questioni, fortemente sollecitate dall’avvocatura, accomunate dall’unica ratio di rendere effettivo il fondamentale diritto di difesa dell’imputato.

In ordine al primo intervento normativo, quello sul legittimo impedimento del difensore, giova rammentare come tale istituto sia stato, a più riprese, oggetto di pronunzie tanto creative quanto discutibili della Suprema Corte di cassazione che ne ha, di fatto, eroso i confini di operatività a discapito del citato fondamentale diritto dell’imputato.

Come noto, nelle ipotesi in cui l’avvocato non può presenziare personalmente a un’udienza, può invocare il così detto «legittimo impedimento», caratterizzato dal caso fortuito o dalla forza maggiore, o comunque altre cause o motivi che comportano un’impossibilità assoluta a comparire. Attualmente, la legge non definisce tassativamente quando l’impedimento sia «legittimo», rimettendo tale valutazione, caso per caso, al giudice, al quale, dunque, residua un ampio margine di discrezionalità nel concedere o meno il rinvio della causa.

È evidente il precipitato di un omesso rinvio dell’udienza per un impedimento non ritenuto legittimo dal giudice, in termini di violazione del diritto di difesa che si sostanzia nel dato dell’impossibilità a che siffatto diritto possa essere esercitato con la modalità, scelta dal legislatore, della personale presenza del difensore all’udienza ove si attua il contraddittorio processuale.

Per tali ordini di ragioni, l’articolo 1 della presente proposta di legge reca disposizioni tassative in ordine ai casi nei quali l’impedimento del difensore deve essere considerato legittimo, così erodendo il margine della libera interpretazione del giudice.

Come detto, il fil rouge della tutela del diritto di difesa del cittadino sottoposto a procedimento penale unisce questa novella all’altra recata dall’articolo 2 della proposta, in materia di termini per l’impugnazione.

Il susseguirsi dei numerosi interventi legislativi, in subjecta materia, sembra aver trascurato l’effettività dell’esercizio del diritto di difesa nel contesto del processo penale e, attualmente, si pone in stridente contrasto con il principio sancito dall’articolo 24, secondo comma, della Costituzione.

Nello specifico, al fine di non vanificare l’effettività del precetto costituzionale, il termine per impugnare è posto in relazione, per la parte di critica alla sentenza, con il grado di specificità e complessità della sua motivazione.

In altre parole, i termini attuali sono troppo esigui: a fronte di sentenze monumentali in cui lo stesso giudice si assegna il termine di novanta giorni per il deposito della motivazione, risulta illogico assegnare sempre e tout court al difensore il termine di quarantacinque giorni.

Non solo. I termini per proporre impugnazioni sono parametrati all’effettivo deposito della sentenza da parte del giudice, di tal che, ove il giudice sia in ritardo rispetto al termine di legge, ovvero a quello assegnatosi, corrispondentemente si prevede un lasso di tempo maggiore per la difesa.

Analoga estensione del termine per impugnare è prevista per i provvedimenti che applicano le misure di prevenzione, provvedimenti immediatamente esecutivi e sovente molto complessi, rispetto ai quali un termine più lungo e congruo non solo non nuoce alle istanze di speditezza di quel procedimento, ma consente, al contempo, un esercizio del diritto di difesa e, quindi, l’attuazione di un contraddittorio maggiormente rispettoso del dettato costituzionale.

È arrivato il momento, improcrastinabile, di riaffermare il valore e rivendicare la supremazia del diritto di difesa, inteso come libertà inviolabile del singolo, affermazione che non significa superfetazione di garanzie, bensì superiorità di tale libertà.