Lo strano caso del taxi equiparato a una casa di cura (di Vincenzo Giglio)

Vicenda giudiziaria e motivi di ricorso per cassazione

Viene sottoposta a sequestro un’autoambulanza in quanto priva dell’ autorizzazione sanitaria di cui all’art. 193 R.D. 1265/1934 (di seguito TULS).

L’avente diritto ne chiede il dissequestro ma il tribunale competente rigetta l’istanza.

Il suo difensore ricorre quindi per cassazione.

In particolare, in ordine al fumus delicti, deduce violazione dell’art. 2 cod. pen., posto che il giudice ha esteso l’interpretazione della norma penale che prescrive l’autorizzazione sanitaria includendovi anche le ambulanze adibite al mero trasporto sanitario, sebbene esse non siano espressamente menzionate nell’elencazione delle strutture per le quali si richiede la suddetta autorizzazione dell’autorità pubblica.

Rappresenta che l’auto in questione era adibita esclusivamente al trasporto sanitario e non al soccorso sanitario o al trasporto d’urgenza, fornendo sostanzialmente un servizio qualificabile quale “taxi sanitario”, in quanto limitato ad un servizio di trasporto di pazienti infermi per viaggi brevi o lunghi, senza alcuna erogazione di prestazioni sanitarie o mediche.

Ribadisce che i mezzi che non forniscono prestazioni sanitarie (terapeutiche o diagnostiche) non possono essere assimilati alle strutture per le quali è prescritta l’autorizzazione ai sensi dell’art. 193 R.D. n. 1265/1934. Nel caso di specie, il giudice nulla ha affermato in ordine alla esecuzione di prestazioni diagnostiche o mediche all’interno del veicolo, né all’effettuazione di soccorso sanitario o di trasporto in emergenza, o in merito alla presenza di presidi medici, limitandosi ad equiparare il mezzo di trasporto ad una struttura sanitaria mobile.

La decisione della Corte di cassazione

Il ricorso è trattato dalla terza sezione penale che lo decide con la sentenza n. 32125/2023, camera di consiglio del 14 aprile 2023.

Si riporta adesso testualmente e integralmente la motivazione.

Occorre osservare che il ricorso per cassazione avverso una misura cautelare reale è ammesso dall’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. esclusivamente per violazione di legge.

In tema di sequestro preventivo, la verifica sulle condizioni di legittimità della misura cautelare, da parte della Corte di cassazione, senza risolversi in anticipata decisione della questione di merito, deve incentrarsi sul controllo della compatibilità fra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una delibazione prioritaria dell’antigiuridicità penale del fatto (Sez. U., 27/03/1992, Midolini, Rv. 191327).

Sia in sede di giudizio di riesame, dunque, che in sede di legittimità, se non è consentito verificare l’effettiva sussistenza del fatto-reato, è doveroso accertare se il fatto contestato sia sussumibile in una fattispecie astratta di reato, sia pure nell’ottica di sommarietà e di provvisorietà, propria della fase delle indagini preliminari (Cass., 23/09/1994, Rv. 199471). Alla giurisdizione compete quindi il potere – dovere di espletare il controllo di legalità, al fine di svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia, che le è proprio, esaminando l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (Sez. U, 20/11/1996, Bassi, Rv. 206657). E, invero, la misura cautelare reale attiene a cose alle quali viene attribuito un tasso di pericolosità, poiché esse si ricollegano alla commissione di un reato, onde la conservazione del sequestro, volto a limitare la libera disponibilità dell’oggetto, prescinde da qualsiasi verifica in merito alla fondatezza dell’accusa (Cass. 26/11/1993, Rv. 196629) ma richiede, in termini di indispensabilità, l’accertamento, nella fattispecie concreta in esame, della configurabilità di connotati di illiceità penale.

Si premette inoltre, che al ricorrente […] è stata provvisoriamente contestata la violazione dell’art. 193 del regio decreto n. 1265 del 1934, il quale, nel testo attualmente vigente, prevede che nessuno possa aprire o mantenere in esercizio ambulatori, case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica, gabinetti di analisi per il pubblico a scopo di accertamento diagnostico senza la speciale autorizzazione – secondo la versione originaria della norma legislativa – del Prefetto, ed ora, tenuto conto dei mutati assetti ordinamentali, della Regione.

L’eventuale violazione di tale disposizione, cioè l’apertura ovvero il mantenimento in esercizio di una tale struttura in assenza della prescritta autorizzazione, o anche la violazione delle prescrizioni contenute nella suddetta autorizzazione, è punita dalla legge con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da lire cinquemila a diecimila.

In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che l’integrazione della fattispecie concreta richiede che all’interno della struttura siano compiuti atti aventi una rilevanza medica, sebbene non necessariamente a contenuto immediatamente terapeutico, quali, ad esempio, gli atti comportanti una valutazione diagnostica di elementi acquisiti in via diretta o attraverso strumenti di vario genere (Sez. 3, n. 20474 del 25/05/2007). Ciò che rileva, infatti, ai fini dell’applicazione della norma di cui all’art. 193 TULS, non è il carattere di fissità o di mobilità della struttura, ma è l’idoneità e la finalizzazione di quest’ultima al compimento di atti di natura diagnostico – terapeutica (Sez. 3, n. 38485 del 2019 concernente una struttura contenente apparecchiature diagnostiche di c.d. telemedicina al fine di sola anamnesi).

Nel caso in disamina, il Giudice a quo ha affermato che dalle acquisizioni investigative è emerso che l’ambulanza risultava dotata di defibrillatore semiautomatico e di tre bombole per l’ossigeno, di cui due scadute da tempo, e che il veicolo era effettivamente adibito al trasporto di infermi dal pronto soccorso dell’ospedale. Pertanto, ha ritenuto che la struttura, sebbene a carattere mobile, fosse riconducibile alle strutture ambulatoriali e, quindi, necessitasse di autorizzazione ai sensi dell’art. 193 del regio decreto n. 1265 del 1934, in quanto dotata delle risorse organizzative e logistiche necessarie per l’assistenza e il trasporto di malati (barelle, defibrillatore, ossigeno, sede e risorse per la gestione delle chiamate), non escludendosi che all’interno della struttura, sebbene mobile, possano essere eseguite anche prestazioni sanitarie o meramente diagnostiche.

Il giudice ha richiamato inoltre la Circolare dell’assessorato della Regione Sicilia n. 6 del 17/04/2019 che disciplina espressamente e dettagliatamente le prestazioni svolte dalle ambulanze, prevedendo, anche nel caso di servizio di mero trasporto di infermi, il preventivo rilascio dell’autorizzazione sanitaria.

Il ricorso deve essere, dunque, rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali“.

Dati di verifica

…La norma

La norma richiamata nell’imputazione provvisoria è l’art. 193 del Regio Decreto n. 1265/1934 il cui primo comma dispone che “Nessuno può aprire o mantenere in esercizio ambulatori, case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica, gabinetti di analisi per il pubblico a scopo di accertamento diagnostico, case o pensioni per gestanti, senza speciale autorizzazione del prefetto, il quale la concede dopo avere sentito il parere del Consiglio provinciale di sanità“.

Come ricordato dalla decisione, l’autorizzazione spetta adesso alle Regioni.

Nozione di taxi sanitari e differenze rispetto alle ambulanze

Nell’accezione comune i taxi sanitari sono automezzi che espletano il trasporto sanitario non urgente dal domicilio ad un luogo di cura (o viceversa) di persone anziane, malate o disabili.

Tali automezzi sono solitamente muniti di kit di primo soccorso di cui fanno parte defibrillatori e bombole di ossigeno.

Le ambulanze sono invece veicoli speciali, allestiti per trasportare un paziente in pericolo di vita dal punto in cui si trova all’ospedale di riferimento (che può essere il più vicino o il più adeguato, a discrezione dei sanitari).

A bordo di un’ambulanza, che sia pubblica o privata, sono sempre presenti presidi quali il defibrillatore, l’ossigeno, la barella, l’aspiratore, un monitor multiparametrico e il sistema di ventilazione manuale.

Se si tratta di ambulanze di tipo avanzato, e quindi con la presenza a bordo della stessa di un infermiere e/o di un medico, sono inoltre presenti il monitor cardiaco, il respiratore, e tutti i farmaci che potrebbero essere necessari per l’infusione endovenosa, oltre ad un kit che viene utilizzato per la gestione avanzata delle vie aeree e che comprende tra gli altri il laringoscopio ed i tubi endotracheali.

…La giurisprudenza

Cass. pen., Sez. 3^, sentenza n. 49818/2018, si premura di ricordare che le circolari regionali sono prive di valore normativo.

Considerazioni conclusive

Si può contare, a conclusione di questa sintetica rassegna, di alcuni dati che sembrerebbero cruciali:

  • il tenore letterale della norma di riferimento, compresa l’esemplificazione casistica ivi contenuta, rimanda prioritariamente al concetto di strutture fisse;
  • anche a prescindere da questa prima considerazione, la norma contiene lemmi il cui significato indirizza con chiarezza l’interprete: ci si riferisce a “cura medico-chirurgica“, “assistenza ostetrica” e “accertamento diagnostico“; ognuna di queste espressioni riporta inequivocabilmente alla medicina, intesa (secondo la definizione che ne dà il vocabolario Treccani) come la “scienza che ha per oggetto lo studio delle malattie, la loro cura e la loro prevenzione“;
  • il servizio del taxi sanitario, nei termini sopra evidenziati, non sembra affatto riconducibile ad attività mediche propriamente intese e tale conclusione non è inficiata dalla presenza nel veicolo di un defibrillatore, di bombole di ossigeno e di una lettiga; si consideri a tal fine che la normativa vigente, in caso di sospetto arresto cardiaco, consente l’uso del defibrillatore anche a coloro che non abbiano una preparazione specifica;
  • l’esistenza di una circolare regionale indicata in sentenza come elemento confermativo della necessità di un’autorizzazione sanitaria è normativamente insignificante.

Questi elementi, complessivamente considerati, sembrano sconsigliare l’estensione ai taxi sanitari della prescrizione contenuta nell’art. 193 TULS.

C’è di più, tuttavia.

La sentenza qui commentata, di cui si è riportato il testo integrale, sembra appartenere al genere delle decisioni “contemplative”.

A ben vedere, essa si riduce alla mera narrazione della decisione impugnata e non presenta alcuna traccia di una valutazione autonoma del giudice di legittimità.

I motivi di ricorso sono diligentemente elencati ma mai confrontati in comparazione con l’ordinanza del tribunale e mai valutati nella loro eventuale capacità di scalfire la coerenza dell’imputazione alla condotta oggetto del procedimento penale.

Che rimane allora?

Rimane un caso di probabile “creazionismo giudiziario” e di sostanziale negazione della funzione del giudice di legittimità.