Il genitore che si autoriduce l’assegno ai figli minori non è punibile per particolare tenuità del fatto (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 29139 depositata il 5 luglio 2023 ha stabilito che deve essere dichiarato non punibile per particolare tenuità del fatto il genitore imputato del reato articolo 570 bis Cp, norma che sanziona l’inadempimento degli obblighi di contribuzione economica in materia di affidamento dei figli, a prescindere dalla prova dello stato di bisogno, dovendosi ritenere che l’occasionalità degli inadempimenti, peraltro parziali, escluda l’abitualità della condotta, potendo la causa di non punibilità ex articolo 131 bis Cp applicarsi in caso di violazione ripetuta ma occasionale.
Nel caso esaminato la corte di appello aveva già riqualificato la condotta ai sensi dell’articolo 570 bis c.p. invece dell’iniziale contestazione di cui all’articolo 570 secondo comma n. 2 c.p. in quanto il padre, pur senza giustificazioni se non una contrazione economica derivante dal lavoro svolto, aveva versato la metà dell’assegno di mantenimento in tre occasioni senza far mancare i mezzi di sussistenza per i figli.
La cassazione ha applicato l’articolo 131 bis c.p., de plano, in quanto dalla sentenza di merito si evince che non sono necessari ulteriori accertamenti sul fatto ex articolo 620 lettera l) c.p.p.
Ricordiamo che per la tenuità del fatto non è ostativa la forma corretta della richiesta.
La cassazione sezione 1 con la sentenza numero 49270 depositata il 27 dicembre 2022 ha esaminato la questione relativa all’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. nel giudizio in Cassazione, in assenza di una specifica e formalmente corretta richiesta della parte nel giudizio di merito.
Nel caso esaminato, il Procuratore generale ha rilevato che l’applicabilità dell’art. 131- bis cod. pen. non può essere dedotta per la prima volta in Cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., né sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilità (Sez. 5, 27.10.2021, n. 4835, Sez. 3, n. 19207 del 16/03/2017, Rv. 269913 – 01; cfr. pure Sez. 2, n. 21465 del 20/03/2019, Rv. 275782 – 01; Sez. 5, n. 57491 del 23/11/2017, Rv. 271877 – 01).
La Suprema Corte ha stabilito che la formalità della richiesta non può precludere il riconoscimento della tenuità del fatto se la richiesta è stata fatta in modo formalmente errato.
I Supremi giudici osservano che nel verbale di udienza la difesa dell’imputato aveva chiesto “l’assoluzione per irrilevanza del fatto”, e, per quanto la formula, a stretto diritto, non sia corretta, essa è univocamente riferibile alla richiesta della causa di non punibilità dell’art. 131-bis cod. pen.
Pertanto, nel merito, il motivo è fondato, perché, in effetti, dalla lettura della sentenza non emerge una specifica motivazione in punto di esclusione della causa di non punibilità, né la stessa è desumibile implicitamente dal resto della pronuncia, perché lo stesso giudice riconosce l’applicabilità al fatto dell’attenuante speciale del terzo comma, secondo periodo, dell’art. 4 Legge n. 110 del 1975, il cui presupposto è il giudizio di “lieve entità” della condotta, ed anche perché in un passaggio successivo della sentenza lo stesso giudice ribadisce la natura “non particolarmente insidiosa” del coltello detenuto.
In questo caso la sostanza ha superato la forma.