Due giorni fa, a distanza di meno di due settimane dalla lettura del dispositivo, il tribunale penale di Brescia ha depositato la motivazione (allegata alla fine del post) della sentenza di condanna dell’ex magistrato Piercamillo Davigo.
Con la consueta e meritoria solerzia la rivista web Giurisprudenza Penale ha pubblicato il documento.
Ricordiamo che l’imputato è stato è stato riconosciuto responsabile “del reato di cui agli articoli 81 cpv, 110 e 326 c.p., poiché, quale consigliere del CSM, ricevuta una proposta di incontro privato da parte del dr Paolo Storari, sost. proc. in Milano titolare del p.p. 12333/17 mod. 21 r.g.n.r., rassicurandolo di essere autorizzato a ricevere copia degli atti indicati al capo sopra riportato e riferendogli che il segreto investigativo su di essi non era a lui opponibile in quanto componente del CSM, concorreva nel reato descritto al capo che precede, rafforzando il proposito criminoso di Storari ed entrando così in possesso del contenuto di atti coperti da segreto investigativo.
Ciò faceva al di fuori di una procedura formale – non essendo applicabile quella descritta dalle circolari n. 510 del 1994 e n. 13682 del 1995 dettate dal CSM in merito alla trasmissione, da parte del p.m. procedente, di informazioni relative ad un procedimento penale a carico di un magistrato, da indirizzare formalmente al comitato di Presidenza del CSM – e senza che vi fosse una ragione ufficiale che legittimasse Storari a disvelare atti coperti dal segreto investigativo anziché investire organi istituzionali competenti a risolvere questioni attinenti alla gestione dell’indagine.
In esecuzione di un medesimo disegno criminoso, una volta ricevuti i citati documenti segreti, violando i doveri inerenti alle proprie funzioni ed abusando della sua qualità di componente del CSM, pur avendo l’obbligo giuridico ed istituzionale di impedirne l’ulteriore diffusione, ne rivelava il contenuto a terzi, e segnatamente:
– consegnava al consigliere del C.S.M. Giuseppe Marra, informalmente e senza alcuna ragione ufficiale, ma allo scopo di “metterlo in allarme circa la frequentazione dei consiglieri Ardita e Mancinetti”, copia degli atti in questione, dopo averlo informato del loro contenuto, incaricandolo di custodirli e di consegnarli al comitato di Presidenza qualora glieli avesse richiesti;
– riferiva al consigliere del C.S.M. Ilaria Pepe, sempre in assenza di una ragione ufficiale, ma per suggerirle di “prendere le distanze dai consiglieri Ardita e Mancinetti”, il contenuto delle dichiarazioni rese dall’avvocato Piero Amara, invitandola a leggerle;
– riferiva, in assenza di una ragione d’ufficio, al dichiarato scopo di ottenere un giudizio sull’attendibilità dell’Avv. Piero Amara, le medesime circostanze al consigliere del C.S.M. Giuseppe Cascini, facendogli leggere le dichiarazioni del predetto Amara;
– informava di quanto appreso dal dr Storari il Vicepresidente del C.S.M. David Ermini, consegnandogli copia degli atti sopra indicati, al di fuori di qualunque ufficialità al punto che Ermini, ritenendo irricevibili quegli atti ed inutilizzabili le confidenze ricevute, immediatamente distruggeva detta documentazione;
– riferiva confidenzialmente analoghe circostanze anche al consigliere del C.S.M. Fulvio Gigliotti, consentendogli la lettura di passi dei verbali;
– riferiva al consigliere del C.SM. Stefano Cavanna, in assenza di qualunque ragione d’ufficio, dì un’indagine segreta su una presunta loggia massonica aggiungendo che “in questa indagine è coinvolto Sebastiano Ardita”;
– riferiva al senatore Nicola Morra, Presidente della Commissione nazionale antimafia, in assenza di qualunque ragione istituzionale e nell’ambito di un colloquio privato, allo scopo di spiegare il motivo dei contrasti insorti con il consigliere Sebastiano Ardita, che vi era un ‘indagine in corso su una presunta loggia coperta cui avrebbe fatto parte il citato consigliere;
– riferiva, in violazione dell’obbligo di segretezza, il contenuto dei verbali resi da Piero Amara alle collaboratrici amministrative Giulia Befera e Marcella Contraffatto;
riferiva inoltre, in violazione dell’obbligo di segretezza e al di fuori di una formale procedura, al primo Presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio dell’esistenza di atti di un’indagine penale presso la Procura di Milano, nell’ambito della quale l’Avvocato Piero Amara aveva riferito dell’esistenza di una loggia coperta in cui sarebbero stati implicati numerosi esponenti delle istituzioni, tra cui i Consiglieri Ardita e Mancinetti.
In Milano e Roma, da aprile a da aprile a settembre 2020“.
Al riconoscimento della responsabilità di Davigo per tutti i reati contestatigli, è seguita, previa unificazione in continuazione degli stessi e con la concessione delle circostanze attenuanti generiche, la sua condanna alla pena complessiva di un anno e tre mesi di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.
L’imputato è stato inoltre condannato a risarcire il danno causato alla parte civile Sebastiano Ardita, liquidato in € 20.000, ed alla rifusione delle spese da questa sostenuta, liquidate in € 5.000, oltre accessori.
È finanche superfluo ricordare che la sentenza in questione non è definitiva, tanto più alla luce della dichiarazione dell’imputato di volerla appellare.
Piercamillo Davigo gode quindi della presunzione costituzionale di non colpevolezza.
La notorietà dell’interessato e l’interesse mediatico attorno alla vicenda giudiziaria ed agli eventi che ne hanno formato oggetto rendono impossibile ed inutile la tutela della riservatezza che per abitudine Terzultima Fermata riserva a chiunque subisca una vicenda penale, quale che sia il ruolo riservatogli.
Al tempo stesso è più che evidente l’interesse dell’opinione pubblica ad essere informata sull’andamento del primo grado del processo e sulle ragioni che hanno indotto il tribunale ad accogliere integralmente l’ipotesi accusatoria.
Buona lettura.
