Nicolò Ghedini, il ritratto di un uomo complesso: un maestro di procedura, un legislatore di parte (di Riccardo Radi)

Un anno fa, proprio in questi giorni, l’aggravarsi delle sue condizioni di salute lo costringevano a diradare la sua presenza in aula.

Per Nicolò Ghedini l’aula è stata spesso un arena ed è lì che svolgeva il suo ruolo da molti denigrato anche post mortem.

Lo vogliamo ricordare in una splendida intervista che rilasciò nel 2010 dove parla del ruolo dell’avvocato, di Travaglio, di Berlusconi e di Pecorella e di tanto altro.

Vogliamo salutarlo a suo modo: “Mavala’ grande avvocato”.

Lei è indicato come l’avvocato dei cavilli…

“I cavilli. Da sempre. Ho sempre impostato le mie difese sulle questioni di procedura o di diritto”.

I cavilli sono giustizia giusta?

“Il processo giusto è quello che segue le regole.

Se il processo è lento, o torna in primo grado o finisce nella scadenza termini, è colpa della norma. O del giudice che la applica male”.

In queste parole estratte dell’intervista rilasciata a Claudio Sabelli Fioretti il 2 agosto 2010 c’è l’essenza di come interpretava il suo ruolo l’avvocato Nicolò Ghedini.

Ecco l’intera intervista.

Claudio Sabelli Fioretti: Ora è per tutti Nicolò «Mavalà» Ghedini. Grazie a Travaglio…

Niccolò Ghedini: «A me Travaglio non dispiace. In trasmissione vorrei gettargli il Codice addosso. Ma è un professionista notevole. Una volta su cento ha ragione. E mi fa riflettere. Le sue critiche sono in buona fede, anche se dice cose disancorate dalla realtà dei dati processuali».

Ma è uno dei pochi che legge le sentenze…

«Se estrapoli solo la parte che ti piace, mistifichi la realtà. Lui non fa il giornalista, fa l’avvocato di parte civile. Però…»

Però?

«Non mi è antipatico».

Travaglio ha detto: «Ghedini è duro ma sportivo, non sfugge al confronto. È coraggioso».

«A me piace confrontarmi con lui».

Quante volte è andato ad Annozero?

«Una decina».

E Santoro?

«Mi innervosisce perché combatte un mio amico. Ma apprezzo la sua professionalità. È fazioso ma in maniera palese».

Preferisce Vespa o Santoro?

«Da Santoro mi diverto di più».

Lei è antipatico al 90 per cento della sinistra…

«E mi dispiace».

Colpa del suo presenzialismo televisivo?

«Io vado dove c’è la necessità di difendere il presidente Berlusconi».

La paragonano a Lurch, il brutto della famiglia Addams. Gli assomiglia un po’, in effetti.

«Non mi piace essere un eroe negativo. Vuol dire che qualcosa ho sbagliato. Ma se mi chiamano Lurch per la somiglianza, non me ne frega niente. Sono brutto, lo so. Ma ho cinquant’anni, una moglie carina, un figlio simpatico, quello che ho fatto ho fatto. Non vado a farmi la plastica».

Non si butti giù…

«Alle critiche su quello che faccio, invece, presto attenzione. Sono convinto spesso di aver ragione. Ma se in molti mi danno torto, magari hanno ragione loro».

Perché è diventato avvocato?

«Nella mia famiglia, una famiglia borghese di Padova, tutti da secoli hanno fatto l’avvocato. Il nostro studio ha 400 anni».

Famiglia borghese e con poca fantasia…”.

Questo era l’uomo e l’avvocato Ghedini: colto, simpatico, col raro pregio di ironizzare su se stesso.

Ma ci fu anche un Ghedini politico e legislatore: in questa seconda veste mi pare abbia continuato a fare l’avvocato, pensando agli interessi del suo cliente principale piuttosto che a quello generale.

Fu in Parlamento negli anni in cui la coalizione a guida berlusconiana era coesa e poteva contare su una maggioranza schiacciante. Sarebbe stata possibile ogni riforma, ivi comprese quelle che avrebbero ridato un volto liberale e garantista alla nostra giustizia. Ma si fecero riforme per pochi, facendole mancare ai molti.

Questo fu Nicolò Ghedini: un avvocato fin nel midollo.