Reati contro il patrimonio in famiglia e causa di non punibilità ex art. 649, comma terzo, cod. pen. (di Riccardo Radi)

La minaccia o la mera violenza psichica escludono l’applicabilità della causa di non punibilità nei reati tentati di estorsione, rapina e sequestro di persona a scopo di estorsione in ambito familiare?

La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 22930/2023 Rv 284533-01 ha stabilito che la minaccia o la mera violenza psichica non escludono la configurabilità della causa di non punibilità e della perseguibilità a querela per i reati contro il patrimonio commessi in danno dei prossimi congiunti, in quanto la clausola derogatoria prevista dall’art. 649, comma terzo, cod. pen., opera solo quando il fatto sia commesso con violenza fisica (fattispecie relativa a tentata estorsione commessa in danno dei genitori con minacce e violenza sulle cose).

Fatto

La Corte territoriale – premesso che i fatti devono intendersi ricondotti alla fattispecie di cui agli artt. 56 e 629 c.p. (coerentemente poi pronunciando in fase di rideterminazione della pena) – ritiene che non ricorra la causa di non punibilità prevista dall’art. 649 c.p., comma 1, n. 2 perché i fatti risulterebbero essere stati comunque commessi con violenza e l’esimente non sarebbe applicabile quando, come nel caso di specie, sia accertato l’uso della violenza alla persona, pur solo preordinata e non realizzata, ivi compresa la violenza morale; in concreto, risulterebbero abbondantemente provate le condotte prevaricatrici tenute dal T. (minacce di morte, uso di un’ascia, violenza sulle cose).

Decisione

La Suprema Corte ritiene che questo ragionamento non è corretto.

L’art. 649 c.p., comma 3 secondo il quale “le disposizioni di questo articolo non si applicano ai delitti preveduti dagli artt. 628, 629 e 630 e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone“, introduce una deroga alla causa di non punibilità in questione, limitando la tutela della famiglia da intromissioni della giurisdizione penale nelle dinamiche domestiche offerta dal comma 1 ai soli delitti contro il patrimonio connotati da una minore gravità.

Questa deroga opera in una duplice direzione: da un lato, con una diretta indicazione normativa, enumerando tre fattispecie di particolare ed evidente offensività (i reati previsti e puniti dagli artt. 628,629 e 630 c.p.) e dall’altro, con una clausola generale, riferita a tutti i reati inseriti nel Titolo XIII del Libro II del Codice penale, qualora siano in concreto commessi “con violenza alle persone“.

I reati consumati di estorsione, rapina e sequestro di persona a scopo di estorsione sono dunque sempre punibili, anche quando perpetrati in danno dei congiunti indicati dall’art. 649 c.p., comma 1 pur se posti in essere senza violenza alle persone.

Nondimeno, in ossequio al principio per cui le norme sfavorevoli sono di stretta interpretazione, l’autonomia sistematica del delitto tentato comporta che le disposizioni recanti effetti giuridici negativi mediante specifico richiamo di determinate norme incriminatrici debbano intendersi riferite alle sole ipotesi di reato consumato, senza che, in difetto di espressa previsione, possano trovare applicazione anche per le corrispondenti ipotesi di delitto tentato (Sez. 2, n. 53631 del 17/11/2016, Rv. 268712; Sez. 2, n. 5504 del 22/10/2013, dep. 2014, Rv. 258198, secondo cui, conseguentemente, tra i reati di cui agli artt. 628,629 e 630 c.p., per i quali non opera, ai sensi dell’art. 649 c.p., comma 3, prima parte, la causa di non punibilità prevista da detta disposizione, non rientra l’ipotesi dell’estorsione tentata).

Dunque, è in ogni caso configurabile la causa di non punibilità di cui trattasi, quando il tentativo di estorsione in danno dei prossimi congiunti, sia commesso senza violenza fisica, secondo il consolidato orientamento della cassazione (cfr., Sez. 2, n. 33614 del 13/10/2020, P., Rv. 280234, relativa a una vicenda in cui l’imputato aveva danneggiato beni all’interno dell’abitazione per farsi consegnare somme di denaro dai genitori; Sez. 2, n. 32354 del 10/05/2013, Rv. 255982, che nega l’assimilabilità alla “violenza alle persone”, che deve essere intesa come “violenza fisica”, della minaccia ovvero della mera violenza psichica o morale).

La sentenza deve essere, pertanto, annullata senza rinvio, limitatamente al delitto di tentata estorsione ai danni dei genitori.