Magistrati e avvocati sui social media: le regole di comportamento da alcuni dimenticate (di Riccardo Radi)

Facebook e i social in genere, per alcuni magistrati, possono essere fonte di guai disciplinari ed anche per gli avvocati, come è stato recentemente dimostrato da un fatto notorio che è rimbalzato da Instagram a Tik Tok.
Nel 2020 un magistrato venne indagato per abuso di ufficio a seguito di un esposto di un cittadino che segnalava che il giudice della sua causa era “amico” su Facebook dell’avvocato di controparte.
La procura della Repubblica titolare delle indagini richiese l’archiviazione che venne accolta dal Gip il quale stabilì che non può configurarsi un reato, né tanto meno si possono contestare profili di incompatibilità, a carico del magistrato che tratta una causa patrocinata da un avvocato “amico” su Facebook (la notizia è tratta dall’articolo Giudice e difensore amici su Facebook: è lecito, pubblicata dal quotidiano Il Dubbio e reperibile a questo link).
Quindi la semplice “amicizia” sui social non è di per sé illecita ma quando può divenirlo?
Negli ultimi anni sono stati molteplici i casi esaminati dal Consiglio Superiore della Magistratura che ha sottolineato che anche la vita privata potrebbe ledere la credibilità e il prestigio della funzione giudiziaria come quando un Pubblico Ministero posta numerose foto con l’avvocato di un indagato sul proprio sito Facebook e non si astiene dalle indagini nonostante il richiamo ricevuto dal Procuratore o quando il Sostituto Procuratore che, sulla sua pagina Facebook, effettua delle critiche nei confronti di colleghi e personale di cancelleria che si traducono in insulti, questi sono alcuni dei molteplici esempi riportati nelle sentenze della sezione disciplinare del CSM.
Anche per porre un freno a detti comportamenti l’ufficio del Massimario nel 2021 ha indicato delle norme di comportamento da seguire.
In sintesi, il leit-motiv è che per i magistrati l’uso dei social media deve attenersi al principio dell’autocontrollo perché «ove non amministrati con prudenza e discrezione, possono vulnerare il riserbo che deve contraddistinguere l’azione dei magistrati e potrebbero offuscare la credibilità e il prestigio della funzione giudiziaria».
L’indicazione arriva dalla Cassazione attraverso l’ufficio del Massimario che ha redatto una serie di indicazioni per raccomandare alle toghe un corretto e parsimonioso uso dei social in particolare di Facebook.
Pe una lettura integrale si rinvia ad Altalex che in 21 ottobre 2021 ha pubblicato il lavoro redatto dall’ufficio del Massimario della Cassazione (consultabile a questo link)
A tal proposito si consiglia, anzi si “raccomanda riservatezza” anche nella sfera privata.
In merito al tema, Terzultima Fermata si è presa la briga di eseguire una breve ricerca sul massimario della sezione disciplinare del CSM relativa agli anni 2028 e 2021 e abbiamo espunto alcune massime che riportiamo:
SENT. n. 86 del 2021 R.G. n. 1/2020 Presidente: GIGLIOTTI Estensore: CELENTANO
Illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni – Doveri del magistrato – Comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori – Procuratore generale della Corte di Appello – Petizione su Facebook avverso una decisione della sezione disciplinare del CSM – Adesione – Illecito disciplinare – Insussistenza Non integra l’illecito disciplinare della grave scorrettezza il comportamento del Procuratore generale della corte di Appello che fa propria, mediante richiamo sul proprio profilo Facebook, una petizione pubblica sulla piattaforma Change.org, volta a contestare una decisione assunta dalla Sezione disciplinare, così gettando discredito sull’operato della Sezione disciplinare del CSM. Tale condotta, pur essendo fortemente inopportuna, non integra l’illecito disciplinare in quanto volta ad esprimere solidarietà al collega e non a denigrare la sezione disciplinare. Riferimenti normativi: decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1 e 2, comma 1, lett. d) e lett. n).

SENT. n. 153 del 2021 R.G. n. 74/2019 – 112/2020 – 10/2021 Presidente: ERMINI Estensore: MARRA Illecito disciplinare conseguente a reato – Improcedibilità della azione penale – Sostituto Procuratore della Repubblica – Pubblicazione sul profilo Facebook di numerosi post offensivi nei confronti di magistrati in servizio nel suo stesso distretto di Corte di Appello – Illecito disciplinare – Sussistenza – Misura accessoria del trasferimento – Necessità Integra l’illecito disciplinare conseguente a reato per qualunque fatto costituente reato idoneo a ledere l’immagine del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l’azione penale non può essere iniziata o proseguita, la condotta del magistrato che, sulla sua pagina Facebook, effettua delle critiche nei confronti di colleghi e personale di cancelleria che si traducono in insulti non funzionali al concetto che voleva esprimere. In tali casi si rende necessario applicare la sanzione accessoria del trasferimento ad altra sede in quanto la permanenza in quell’’ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell’amministrazione della giustizia, considerato il contesto ambientale venutosi a creare e la evidente cronica conflittualità del magistrato con i colleghi e con alcuni soggetti del personale amministrativo. Riferimenti normativi: decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, art. 4 lett. d) e art. 13, comma 1.

SENT. n. 52 del 2018 R.G. 11/2017 (Rapporto di confidenza e complicità con il difensore di uno degli indagati – Profilo Facebook ‐ Sussistenza) Configura l’illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni per la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge, la condotta del Pubblico Ministero il quale personalmente convinto della ininfluenza del rapporto di confidenza ed amicizia intercorso con il difensore di uno degli indagati, reso noto dalla pubblicazione di fotografie sul suo sito Facebook, abbia omesso di astenersi dalla trattazione del procedimento e, successivamente, richiamato sul punto dal Procuratore in ordine al pregiudizio arrecato all’immagine e alla fiducia di cui il magistrato deve godere, abbia rifiutato di rimettere la delega, continuando a sminuire le eclatanti criticità che avrebbero imposto la sua astensione.

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