Magistrati ed errori giudiziari: crimine di lesa maestà? (di Riccardo Radi)

Alcuni magistrati credono che correggere un errore significhi attentare all’autorità della Giustizia.

Una minoranza, certo, ma ancora troppo numerosa, e soprattutto coperta da uno spirito di corpo per nulla giustificato dall’interesse dell’istituzione.

L’errore è umano. Non sparirà mai. Ma è possibile fare in modo che divenga più raro, e, qualora si verifichi, che sia corretto senza indugi.

Se è vero che ogni uomo che non vive sulla luna è ben consapevole della fallibilità umana e non ignora che anche i giudici possono sbagliare, è anche vero che in considerazione degli irreparabili e devastanti effetti che derivano dagli errori giudiziari, l’ordinamento giuridico dovrebbe garantire:

la più severa vigilanza sulla condotta del magistrato inquirente e di quello giudicante affinché la loro funzione non sia inficiata dalla passione e dal fanatismo;

la più assoluta e rigorosa applicazione del principio di presunzione di innocenza dell’imputato;

la più grande “lontananza” possibile (in senso fisico e professionale) del magistrato inquirente da quello giudicante;

l’obbligo per il magistrato di rispondere di fronte alla legge, ove abbia commesso gravi errori nell’esercizio della sua funzione”.

Come dovrebbe essere … ma non sarà mai.

Jacques Verges anche detto “l’avvocato del terrore” è stato al servizio di una dottrina dreyfusarda classica, ispirata al più ferreo garantismo giuridico e all’avversione pugnace contro l’ingiustizia.

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