La prima sezione della Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha definito oggi con sentenza la causa C-817/21 R.I. c. Inspecţia Judiciară, originata da una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dalla Corte di appello di Bucarest.
La domanda verteva sull’interpretazione dell’articolo 2 e dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, nonché della decisione 2006/928/CE della Commissione, del 13 dicembre 2006, che istituisce un meccanismo di cooperazione e verifica dei progressi compiuti dalla Romania per rispettare i parametri di riferimento in materia di riforma giudiziaria e di lotta contro la corruzione (GU 2006, L 354, pag. 56).
La CGUE ha così risposto:
L’articolo 2 e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con la decisione 2006/928/CE della Commissione, del 13 dicembre 2006, che istituisce un meccanismo di cooperazione e verifica dei progressi compiuti dalla Romania per rispettare i parametri di riferimento in materia di riforma giudiziaria e di lotta contro la corruzione,
devono essere interpretati nel senso che:
essi ostano a una normativa nazionale
– che conferisce al direttore di un organo competente a condurre le indagini e ad esercitare l’azione disciplinare nei confronti dei giudici e dei procuratori il potere di adottare atti regolamentari e individuali, relativi, in particolare, all’organizzazione di tale organo, alla selezione dei suoi agenti, alla loro valutazione, allo svolgimento delle loro attività o, ancora, alla nomina di un vice direttore,
– allorché, in primo luogo, tali agenti e tale vice direttore sono gli unici competenti a condurre un’indagine disciplinare nei confronti di tale direttore, in secondo luogo, la loro carriera dipende, in larga misura, dalle decisioni di detto direttore e, in terzo luogo, il mandato di detto vice direttore terminerà contemporaneamente a quello dello stesso direttore,
qualora tale normativa non sia concepita in modo tale da non poter far sorgere alcun legittimo dubbio, nei singoli, quanto all’utilizzo delle prerogative e delle funzioni di tale organo come strumento di pressione sull’attività di detti giudici e di detti procuratori o di controllo politico di tale attività.
Dalla parte motiva si ricava che, secondo la CGUE, le norme che disciplinano il controllo dell’operato del suo direttore devono essere concepite in modo da fugare qualsiasi legittimo dubbio al riguardo.
Fatto
In Romania, una persona che è parte in diversi procedimenti penali ha presentato all’Ispettorato giudiziario competente vari esposti disciplinari nei confronti di taluni giudici e procuratori ai quali erano stati assegnati tali procedimenti.
Poiché tutti i suoi esposti sono stati archiviati, essa ha presentato un esposto nei confronti dell’ispettore capo, a sua volta archiviato.
La stessa si è quindi rivolta alla Corte d’appello di Bucarest al fine di impugnare tale archiviazione, facendo valere, in particolare, che è impossibile esercitare azioni disciplinari a causa della concentrazione dei poteri nelle mani dell’ispettore capo.
Una simile concentrazione dei poteri, secondo tale parte, è contraria al diritto dell’Unione.
La Corte d’appello di Bucarest ha interpellato la Corte di giustizia a tal riguardo.
Decisione
Con la sentenza pronunciata in data odierna, la Corte di giustizia conferma la sua giurisprudenza secondo la quale, sebbene l’organizzazione della giustizia sia di competenza degli Stati membri, l’esercizio di tale competenza deve essere conforme al diritto dell’Unione.
Pertanto, il regime disciplinare applicabile ai giudici che possono essere chiamati ad applicare il diritto dell’Unione deve presentare le garanzie necessarie al fine di evitare qualsiasi rischio di utilizzo di tale regime disciplinare come strumento di controllo politico delle loro attività.
Le norme che disciplinano l’organizzazione e il funzionamento di un organo competente a condurre indagini disciplinari e ad esercitare un’azione disciplinare nei confronti dei giudici e dei procuratori devono pertanto rispettare le prescrizioni derivanti dal diritto dell’Unione e, in particolare, dallo Stato di diritto.
Al fine di verificare che ciò avvenga, la Corte precisa che spetta al giudice del rinvio valutare la normativa rumena in quanto tale e nel suo contesto giuridico-fattuale nazionale.
Per quanto riguarda gli elementi rilevanti ai fini di un siffatto esame, la Corte osserva che, in base al diritto rumeno, un’azione disciplinare destinata a reprimere abusi commessi dall’ispettore capo può essere avviata solo da un agente la cui carriera dipende, in larga misura, dalle decisioni dell’ispettore capo.
Inoltre, le decisioni relative all’ispettore capo possono essere riesaminate dal vice ispettore capo, che è stato designato dall’ispettore capo e il cui mandato terminerà contemporaneamente a quello di quest’ultimo.
Un siffatto regime disciplinare, fatte salve le verifiche che spetta alla Corte d’appello di Bucarest effettuare, sembra tale da ostacolare, in pratica, l’esercizio effettivo di un’azione disciplinare nei confronti dell’ispettore capo, anche se quest’ultimo dovesse essere oggetto di denunce seriamente comprovate.
È vero che l’archiviazione di un esposto contro l’ispettore capo può costituire oggetto di un ricorso che può condurre, se del caso, all’annullamento della decisione di archiviazione.
Spetta, tuttavia, alla Corte d’appello di Bucarest valutare in che misura i poteri di cui dispongono al riguardo gli organi giurisdizionali rumeni consentano l’esercizio effettivo di azioni disciplinari nei confronti dell’ispettore capo nonché un trattamento efficace ed imparziale degli esposti contro quest’ultimo.
La Corte precisa a questo proposito che, nell’ipotesi in cui tale organo giurisdizionale dovesse concludere che l’azione dell’ispettore capo non può essere oggetto, nell’ambito della normativa di cui trattasi nel procedimento principale, di un controllo reale ed effettivo, si dovrebbe ritenere che tale normativa non sia concepita in modo tale da non poter far sorgere alcun legittimo dubbio, nei singoli, riguardo all’utilizzo delle prerogative e delle funzioni dell’Ispettorato giudiziario come strumento di pressione sull’attività giudiziaria o di controllo politico di tale attività.
Per quanto attiene al contesto giuridico-fattuale nazionale, risulta che i poteri dell’ispettore capo sono stati rafforzati nel contesto più globale di riforme dell’organizzazione del potere giudiziario rumeno aventi per oggetto o per effetto di ridurre le garanzie di indipendenza e di imparzialità dei giudici rumeni.
Inoltre, sembra che l’ispettore capo sia strettamente legato ai poteri esecutivo o legislativo. Infine, occorre anche prendere in considerazione la prassi concreta seguita dall’ispettore capo nell’esercizio delle sue prerogative che possono essere utilizzate a fini di controllo politico dell’attività giudiziaria.
Fatte salve le verifiche spettanti alla Corte d’appello di Bucarest, risulta quindi che gli elementi del contesto giuridico-fattuale nazionale portati a conoscenza della Corte tendono a corroborare, piuttosto che a inficiare, un’eventuale constatazione secondo cui la normativa di cui trattasi non è concepita in modo tale da non poter far sorgere alcun legittimo dubbio, nei singoli, quanto all’utilizzo delle prerogative e delle funzioni dell’Ispettorato giudiziario come strumento di pressione sull’attività giudiziaria o di controllo politico di tale attività.
