Tenuità del fatto e condotte post delictum: elenco delle condotte da valutare secondo la Cassazione (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 3 con la sentenza numero 18029 del 2 maggio 2023 ha chiarito che, dopo le modifiche apportate dalla riforma cd. “Cartabia” all’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudice potrà valutare una vasta gamma di condotte definite solo dal punto di vista cronologico-temporale, dovendo essere “susseguenti” al reato ed evidentemente in grado di incidere sulla misura dell’offesa.

Ciò vale non solo nel caso in cui le condotte susseguenti riducano il grado dell’offesa – quali le restituzioni, il risarcimento del danno, le condotte riparatorie, le condotte di ripristino dello stato dei luoghi, l’accesso a programmi di giustizia riparativa, o, come nel caso in esame, l’intervenuta eliminazione delle violazioni sulla sicurezza lavoro accertate dagli organi ispettivi – ma anche, e specularmente, quando delle condotte aggravino la lesione – inizialmente “tenue” – del bene protetto.

La Suprema Corte sottolinea che, come emerge dalla Relazione illustrativa (pagina 346), la condotta susseguente al reato acquista rilievo, nella disciplina dell’articolo 131-bis codice penale, non come esclusivo e autosufficiente indice-requisito di tenuità dell’offesa, bensì come ulteriore criterio, accanto a tutti quelli contemplati dall’articolo 133, comma 1, codice penale, ossia la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione; la gravità del danno o del pericolo; l’intensità del dolo o della colpa: elementi tutti che, nell’ambito di un giudizio complessivo e unitario, il giudice è chiamato a valutare per apprezzare il grado dell’offesa.

Tutto ciò significa che le condotte post delictum non potranno di per sé sole rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento della commissione del fatto – dando così luogo a una sorte di esiguità sopravvenuta di un’offesa in precedenza non tenue – ma, come indicato, potranno essere valorizzate nel complessivo giudizio sulla misura dell’offesa in cui rimane centrale, come primo termine di relazione, il momento della commissione del fatto, e, quindi, la valutazione del danno o del pericolo verificatisi in conseguenza della condotta.